Dall’Istituto San Raffaele – Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) arrivano novità sulla sindrome VEXAS: una grave malattia infiammatoria che colpisce 1 persona su 4.000, prevalentemente di sesso maschile, con età superiore ai 50 anni. Uno studio, condotto dalle ricercatrici Raffaella Molteni e Martina Fiumara, coordinato da Samuele Ferrari, project leader dell’Unità di Nuove strategie di terapia genica, insieme al direttore dell’SR-Tiget Luigi Naldini, professore di Istologia all’Università Vita-Salute San Raffaele, e all’immunologo Giulio Cavalli, e pubblicato sulla rivista Nature Medicine, fa chiarezza sui meccanismi alla base della malattia.
La sindrome VEXAS
La sindrome VEXAS è una malattia delle cellule staminali del sangue, causata da una mutazione a livello del gene UBA1, che fornisce le istruzioni per la sintesi di un enzima coinvolto nella degradazione delle proteine. La mutazione si acquisisce con l’invecchiamento e, attraverso un meccanismo chiamato emopoiesi clonale, le cellule staminali del sangue mutate si sostituiscono progressivamente a quelle sane.
Non sono note le cause e le caratteristiche dell’emopoiesi clonale alla base della sindrome VEXAS. Ma ne conosciamo gli effetti. Come conseguenza si verificano infiammazione a carico di diversi organi: febbre, lesioni cutanee, interessamento polmonare e dei vasi sanguigni, infiammazione delle cartilagini. Fino a compromettere la capacità del midollo osseo di generare un numero sufficiente di nuove cellule del sangue, causando anemia e riduzione delle piastrine.
Ancora non esiste un trattamento approvato per questa sindrome, ma possono essere utilizzati farmaci immunosoppressori per controllare l’infiammazione, come per esempio il cortisone, in associazione a farmaci che possano contribuire a migliorare i valori del sangue (eritropoietina, 5-azacitidina). In casi selezionati, si può ricorrere al trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore sano.
Purtroppo, non parliamo di cure risolutive e l’esito della malattia è a lungo termine infausto.
Novità dal San Raffaele Tiget
Il team del SR-Tiget ha studiato le caratteristiche molecolari delle cellule staminali del sangue prelevate da pazienti affetti dalla sindrome VEXAS. E ha riscontrato che queste cellule mostrano segni dell’infiammazione e dell’invecchiamento precoce; e sono più propense a generare cellule del sangue del tipo mieloide, cioè monociti e granulociti che sono associati all’infiammazione, invece che cellule del tipo linfoide, cioè linfociti B e linfociti T che mediano le difese immunitarie.
Per studiare i meccanismi alla base della malattia, ha poi sviluppato un modello preclinico della sindrome: utilizzando una nuova tecnologia di editing genetico ha introdotto la mutazione VEXAS nel gene UBA1 di cellule staminali ottenute da donatori sani e queste cellule “fotocopia” di quelle malate sono state poi trapiantate, insieme ad altre rimaste intatte, per osservarne il comportamento nell’organismo modello.
Così anche nel modello animale, le ricercatrici hanno riscontrato segni infiammatori e di invecchiamento precoce, la propensione a generare cellule mieloidi invece che linfociti e, come osservato nei pazienti, il progressivo sopravvento delle cellule staminali mutate su quelle sane.
In altre parole, come spiegano Raffaella Molteni e Martina Fiumara, ricercatrici dell’IRCCS San Raffaele e prime autrici dello studio, «l’ematopoiesi clonale e le manifestazioni patologiche alla base della sindrome VEXAS sono dovute a un progressivo ‘avvelenamento’ della frazione di cellule ancora sane da parte dell’ambiente infiammatorio che quelle mutate contribuiscono a creare rimanendone resistenti».
La dominanza clonale
Questo studio contribuisce, dunque, a comprendere meglio i meccanismi alla base della dominanza clonale nella sindrome di VEXAS. Il clone di cellule mutate prevale sulle cellule sane perché crea un ambiente “tossico” per le cellule che non hanno acquisito la mutazione.
«Il nuovo modello preclinico che abbiamo messo a punto rappresenta uno strumento importante, che speriamo possa aiutare a sviluppare nuovi trattamenti per la sindrome VEXAS e per altre condizioni che si presentano con simili alterazioni genetiche a carico delle cellule del sangue» commenta il dottor Ferrari, che per uno studio su questa sindrome si è aggiudicato un ERC Starting Grant 2024.
«I meccanismi della dominanza clonale descritti in questo studio non solo fanno luce sulle caratteristiche cellulari della sindrome VEXAS, ma forniscono anche un punto di partenza per guidare la ricerca nel campo di altre patologie del sangue associate all’invecchiamento, contribuendo così ad ampliare la nostra comprensione di queste condizioni» aggiunge il professor Naldini.
Un ambulatorio specializzato per la sindrome VEXAS
Intanto, con l’obiettivo di garantire un’assistenza multidisciplinare e personalizzata nel percorso di gestione della malattia, al San Raffaele di Milano è stato inaugurato un ambulatorio specializzato per la sindrome VEXAS, che promuove anche la ricerca, attraverso la raccolta di dati utili per accelerare lo sviluppo di nuove terapie e l’accesso a trial clinici, favorendo così ai pazienti la possibilità di aderire a nuovi protocolli terapeutici.