L’Fda ha appena approvato vutrisiran, un farmaco per il trattamento dell’amiloidosi cardiaca: è la prima e unica terapia di silenziamento genico approvata dalla Food and Drug Administration per le cardiomiopatie causate dall’amiloidosi da transtiretina (ATTR-CA), malattia del cuore rara e progressiva causata dall’accumulo anomalo di una proteina – la transtiretina appunto – che si deposita nei tessuti cardiaci compromettendone la struttura e la funzione. «Ora aspettiamo che anche l’Ema ne autorizzi l’impiego clinico» commenta Gianfranco Sinagra, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia, docente di malattie dell’apparato cardiovascolare all’Università di Trieste e direttore del Dipartimento cardio-toraco-vascolare dell’Ospedale di Cattinara.
I risultati dello studio clinico, pubblicati su New England Journal of Medicine, hanno evidenziato che vutrisiran riduce la mortalità cardiovascolare, riducendo il deposito della proteina TTR, il cui accumulo causa danni cardiovascolari che possono portare a un aumentato rischio di scompenso cardiaco e ridotta sopravvivenza.
«La disponibilità di questa innovativa opzione di trattamento è un momento significativo per i pazienti che vivono con amiloidosi ATTR (ndr. oltre 300.000 in tutto il mondo): rappresenta un faro di speranza per la nostra comunità» ha detto Muriel Finkel, presidente di Amyloidosis Support Groups.
Al momento, spiega Sinagra, «disponiamo di diverse terapie, cosiddette disease modifier, capaci cioè di interferire con la produzione delle sostanze amiloidogeniche». E il professore usa il plurale perché l’amiloidosi cardiaca, che ha causato la morte di Oliviero Toscani, è una malattia dai mille volti. Anzi, non è una, ma un gruppo di malattie caratterizzate da diverse “proteine impazzite” che si accumulano nell’organismo: «catene leggere delle immunoglobuline nel caso dell’amiloidosi AL, transtiretina invece nel caso dell’amiloidosi ATTR, sia nella forma genetica che nella forma wild type, acquisita».
E il trattamento dipende dal tipo di proteina impazzita che genera il deposito di amiloide.
Terapie innovative per l’amiloidosi da transtiretina
La produzione di transtiretina, per esempio, può essere inibita attraverso un meccanismo di silenziamento genico. Alcune molecole, per ridurre i livelli della proteina nel sangue, sfruttano la tecnica dell’RNA interference, ed è il caso del farmaco patisiran, terapia RNAi approvata, e disponibile anche in Italia, per il trattamento della neuropatia da amiloidosi ATTR. Altre stabilizzano il tetramero che, se degrada in maniera anomala, porta alla formazione dei depositi di amiloide, ed è il caso di tafamidis e acoramidis. Quest’ultimo, ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio in Europa lo scorso febbraio.
Ma, la tempestività del trattamento fa la differenza. «Prima si interviene su ciò che produce la formazione delle fibrille di amiloide, maggiore è la capacita di interferire con l’evoluzione e la progressione di malattia». Perché, come precisa Sinagra, i trattamenti disponibili non sono terapie di rimozione della sostanza amiloide già accumulata nei tessuti, ma ne inibiscono la produzione. La tempestività della diagnosi è allora fondamentale.
Come si esegue la diagnosi di amiloidosi cardiaca
Fino a pochi anni fa, l’amiloidosi cardiaca veniva diagnosticata solo in stadi avanzati, quando il cuore era già gravemente compromesso. Oggi, grazie ai progressi nella diagnostica non invasiva, è possibile individuare la malattia in fase precoce.
Fondamentale è l’uso di una tecnica di imaging avanzata, la scintigrafia con tracciante osseo, che può aiutare a identificare in modo non invasivo l’amiloidosi da transtiretina, combinata alla risonanza magnetica con tecnica di mapping, strumento diagnostico molto potente, soprattutto per lo studio del cuore, che consente di valutare l’impatto della malattia sul tessuto cardiaco.
E infine, con la biopsia cardiaca, prelevando cioè piccolissimi frammenti del muscolo cardiaco, e la loro analisi con tecniche di immunoistochimica e proteomica, si può caratterizzare la proteina che si è accumulata nel tessuto, quindi definire accuratamente il tipo di amiloidosi (AL o TTR) e procedere con l’adeguato trattamento.
«Oggi, insomma – puntualizza Sinagra – i progressi della medicina consentono di identificare precocemente, fare diagnosi correttamente e curare in maniera diseaese modifier la patologia».
Ma il primo step, per una diagnosi precoce e un intervento tempestivo, è il sospetto clinico di malattia. «E a questo devono mirare le campagne formative dei professionisti della salute, coinvolgendo la cardiologia, la medicina interna, la geriatria, la medicina generale, ma anche l’ortopedia e la neurochirurgia. Perché alcune patologie comuni, come il tunnel carpale (di competenza dell’ortopedico) o la stenosi del canale midollare nell’anziano (di competenza del neurochirurgo) potrebbero essere legate all’accumulo di sostanza amiloide e potrebbero quindi favorire una diagnosi negli stadi iniziali, quando il cuore non è stato ancora compromesso».
Nuove prospettive per trattamenti precoci
Nuove prospettive arrivano da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Jama Cardiology, coordinato dall’Università di Trieste, in collaborazione con l’Asugi, e dal National Amyloidosis Centre di Londra. Il team ha individuato un segnale di insorgenza della malattia che consente, attraverso la scintigrafia con tracciante osseo, di cogliere gli stadi iniziali, prima che si manifesti dal punto vista clinico.
«Risultato – osserva Aldostefano Porcari, primo autore della pubblicazione – che apre la strada a una possibile revisione delle raccomandazioni terapeutiche, con l’obiettivo di intervenire prima della comparsa dei sintomi».
«Le attuali linee guida europee e americane – spiega infatti il ricercatore – prevedono il trattamento con il farmaco tafamidis solo per chi ha già sviluppato uno scompenso cardiaco conclamato. Tuttavia, il nostro studio suggerisce che anche i pazienti ancora asintomatici, ma con infiltrazione cardiaca avanzata di amiloide, potrebbero beneficiare di un trattamento precoce».
In altre parole, nell’ambito di questo studio, hanno identificato pazienti con accumulo di trastiretina tra le cellule del muscolo cardiaco, ma asintomatici, privi cioè di segni e sintomi di malattia. E hanno osservato che oltre il 50% dei pazienti con forme moderate o avanzate di infiltrazione cardiaca ha sviluppato i segni tipici della malattia (uno scompenso cardiaco) entro i tre successivi anni. Iniziare allora la terapia precocemente, quando ancora i pazienti sono in uno stadio presintomatico, potrebbe cambiarne la storia clinica: «potrebbe rallentare o bloccare la progressione dell’amiloidosi cardiaca».