BPCOntest: identificare i pazienti a rischio di riacutizzazione, il progetto del Careggi

BPCOntest: identificare i pazienti a rischio di riacutizzazione, il progetto del Careggi

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Perché ne stiamo parlando
BPCOntest: conosciamo il progetto candidato da AOU Careggi di Firenze per individuare precocemente i pazienti con BPCO ad alto rischio di riacutizzazione.

«La BPCO è la quarta causa di morte nella popolazione occidentale e la riacutizzazione di BPCO è uno dei motivi oggi più frequenti di ricovero ospedaliero. E sappiamo bene, ormai, che le riacutizzazioni sono associate a effetti negativi da tanti punti di vista: progressione del danno respiratorio, peggioramento della qualità di vita, aumento dei ricoveri, quindi dei costi, e soprattutto aumento degli eventi cardio-cerebrovascolari acuti e della mortalità».

Ombretta Para, medico internista dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze, inizia a spiegare così l’importanza del progetto a cui stanno lavorando per identificare precocemente i pazienti ad alto rischio di riacutizzazione, «prima ancora che riacutizzino, in modo da mettere in atto trattamenti precoci e sicuri».

Para è la sperimentatrice principale del progetto Clinical and laboratory predictors of Acute Exacerbation of Chronic  Obstructive Pulmonary Disease che il Careggi ha candidato al BPCOntest, iniziativa lanciata da INNLIFES con il supporto non condizionante di Sanofi Regeneron e dedicata a startup, pmi innovative, università ed enti di ricerca impegnati nello studio di soluzioni utili per la gestione della broncopneumopatia cronica ostruttiva.

«Le attuali evidenze di letteratura ci dicono che aver già avuto una riacutizzazione grave, cioè richiedente l’ospedalizzazione, o più riacutizzazioni è uno dei predittori di rischio di riacutizzazione in chi non ha mai riacutizzato. Ma non ci sono però degli score, degli strumenti clinici utili, facilmente applicabili nella pratica quotidiana, che tengono conto di tutti i diversi fattori, quindi laboratoristici, clinici, strumentali, per identificare precocemente questi pazienti.

Di conseguenza, non riusciamo a essere precoci in termini di interventi terapeutici realmente efficaci. E questo nella gestione delle malattie croniche ed evolutive è un punto fondamentale».

Qual è dunque l’obiettivo del vostro progetto?

«L’obiettivo principale del nostro progetto di ricerca è riuscire a identificare dei marcatori precoci e integrati tra di loro, clinici, laboratoristici e strumentali, che ci consentano di identificare quei pazienti ad alto rischio di riacutizzazione di BPCO. Perché questo ci consentirebbe di stratificare in maniera più accurata i pazienti e di personalizzare il trattamento.

E questo è importante perché a differenza dell’asma, che è una patologia respiratoria, la BPCO può essere definita una patologia sistemica, e quindi è necessario un approccio olistico che tenga conto di tutti questi fattori. In altre parole, l’approccio terapeutico alla BPCO deve contemplare una gestione integrata in cui il paziente viene seguito da più specialisti, tra cui l’internista».

Precoce è la parola chiave, perché intercettare precocemente i pazienti a rischio può consentire a voi clinici di mettere in atto una serie di strategie tempestive. Ma di fatto quali strategie terapeutiche avete oggi a disposizione?

«La terapia inalatoria è il cardine della terapia per la BPCO, in particolare la triplice terapia inalatoria, che però non riusciamo a mettere in atto precocemente nel paziente. E poi ci sono i farmaci biologici che rappresentano una nuova opzione terapeutica per la BPCO.

Di fatto c’è ancora tanto da capire in merito alla fisiopatologia della BPCO e delle riacutizzazioni. Per cui nuove strategie arriveranno quando comprenderemo gli attuali tasselli mancanti».

Dottoressa, l’obiettivo del vostro progetto è identificare dei marcatori che possano farvi individuare precocemente il paziente a rischio. Come state lavorando per arrivare a conseguire questo obiettivo?

«Stiamo avviando uno studio osservazionale prospettico, di coorte, multicentrico, che coinvolge cioè più centri in Italia, su pazienti che vengono ospedalizzati per la prima volta per riacutizzazione BPCO. Verranno raccolti una serie di dati riguardanti l’anamnesi e parametri di laboratorio riguardanti la funzionalità respiratoria, per valutare quali hanno un ruolo predittivo di riacutizzazione. Inoltre ci poniamo una serie di obiettivi secondari, come per esempio verificare l’incidenza degli eventi cardiovascolari quali indici prognostici anche della mortalità, sia intraspedaliera che al follow-up.

E, tra i parametri di laboratorio, effettueremo anche il dosaggio di citochine e interleuchine, proteine che giocano un ruolo chiave nello sviluppo dell’infiammazione di tipo 2 e su cui puntano la loro azione nuovi farmaci biologici che sono in questo momento in studio. Inoltre, con l’analisi genetica andremo a valutare i polimorfismi dei geni di alcuni recettori beta-2-adrenergici che ci permettono di identificare i pazienti ad alto rischio di recidiva di riacutizzazione in risposta alla terapia con beta-2-agonisti, i farmaci che dilatano le vie respiratorie».

A che punto è lo studio?

«Lo studio è stato approvato dal comitato etico centrale e stiamo procedendo ad attivare a cascata tutti gli altri centri coinvolti».

Perché questo progetto di ricerca e i risultati che ne deriveranno potranno fare la differenza nella gestione della malattia BPCO?

«Perché al momento non riusciamo a essere realmente precoci nel trattamento della BPCO e questo vuol dire che il paziente arriva spesso a una terapia quando già ha riacutizzato e la malattia ha già inesorabilmente compromesso la funzionalità respiratoria. E questo accade perché non abbiamo ancora dei parametri che, tutti insieme, ci consentono di valutare il paziente nella sua complessità. La nostra idea è allora mettere insieme tutti i parametri clinico-laboratoristici-strumentali in ottica internistica per cercare appunto di stratificare i pazienti.

E identificando precocemente questi pazienti, noi ci auguriamo di poter ampliare le indicazioni alle terapie che adesso sono riservate a pazienti che in realtà sono già gravi: ci auguriamo, cioè, di ampliare la popolazione di pazienti che possa beneficiare dei trattamenti disponibili, proprio per rallentare l’evoluzione di una malattia che al momento, purtroppo, non è curabile. E sicuramente, andando a impattare sulle riacutizzazioni, possiamo migliorare la qualità di vita di chi deve convivere con questa malattia cronica. In altre parole, il tema del nostro progetto di ricerca ha una rilevanza clinica molto importante.

La BPCO è una malattia cronica e diffusa per cui sono continuamente in via di sviluppo e diffusione nuove strategie terapeutiche: è fondamentale agire precocemente sul rallentamento della progressione dell’interessamento polmonare».

Dal punto di vista clinico, nella pratica clinica, qual è la sfida maggiore nel gestire un paziente con BPCO?

«Secondo me, innanzitutto avere una diagnosi. Il cardine della diagnosi della BPCO è la spirometria, ma purtroppo ci sono molti pazienti, specialmente anziani, che non riescono a eseguirla. E ottimizzare la diagnosi è importante per ottimizzare il trattamento, perché spesso il paziente in medicina interna arriva all’osservazione del clinico quando già ha riacutizzato, e ha fatto una riacutizzazione severa che richiede l’ospedalizzazione.

Quindi in realtà sono due le sfide principali: effettuare una diagnosi precoce e identificare precocemente quei pazienti a rischio per intraprendere un trattamento adeguato».

Qui le informazioni utili per candidarsi al BPCONTEST

Keypoints

  • Il BPCOntest è un contest rivolto a startup, PMI innovative, università, enti di ricerca e IRCCS e vuole valorizzare e promuovere soluzioni tecnologiche e terapeutiche avanzate, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva.
  • L’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze partecipa candidando un progetto di ricerca multicentrico: Clinical and laboratory predictors of Acute Exacerbation of Chronic  Obstructive Pulmonary Disease
  • La BPCO è una delle principali cause di ricovero e mortalità nei Paesi occidentali.
  • Il progetto candidato mira a identificare marcatori precoci di riacutizzazione integrando dati clinici, laboratoristici e strumentali.
  • L’approccio è multicentrico, osservazionale e prospettico, su pazienti alla prima ospedalizzazione per BPCO.
  • L’obiettivo è personalizzare i trattamenti e intervenire prima che la malattia evolva.

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