Nel mondo esistono oltre settemila malattie rare, che complessivamente interessano circa 300 milioni di individui. Di queste patologie, la grande maggioranza è di origine genetica, spesso insorge in età pediatrica e per circa il 95% di esse non c’è alcun trattamento specifico disponibile.
In arrivo però ci sono diverse innovazioni terapeutiche che spaziano dalle ormai note terapie geniche a quelle più recenti a mRNA, alle terapie cellulari e immunoterapie, fino al riposizionamento di farmaci esistenti con l’uso dell’intelligenza artificiale, e l’editing genetico.
Nel complesso, il mercato globale delle terapie per le malattie rare è stimato raggiungere un valore di circa 240 miliardi di dollari entro il 2025. I principali fattori che contribuiscono a questa crescita sono le terapie geniche avanzate, le terapie a base di Rna e lo sviluppo continuo di nuovi farmaci orfani innovativi.
Terapie a mRNA per malattie ultra-rare
Tra le tecnologie emergenti, le terapie a mRNA – che si sono dimostrate efficaci in ambito vaccinale – offrono una nuova possibilità per trattare malattie genetiche rare. L’idea è di fornire alle cellule del paziente le istruzioni (messaggeri RNA modificati) per produrre temporaneamente la proteina mancante o difettosa, correggendo il difetto alla radice.
Ad esempio, il dott. Nick Sireau, noto attivista e padre di due bambini affetti da alcaptonuria, ha co-fondato una biotech dedicata proprio a questo approccio: la sua azienda sta sviluppando terapie a mRNA per l’alcaptonuria e altre malattie genetiche rare. In laboratorio si stanno studiando mRNA terapeutici in grado di codificare enzimi metabolici o proteine funzionali, ottenendo un beneficio clinico significativo senza necessitare di modifiche permanenti al Dna.
Virus oncolitici per il retinoblastoma pediatrico
I virus oncolitici rappresentano una nuova strategia terapeutica nel trattamento dei tumori. Questi virus, modificati geneticamente, sono progettati per infettare e distruggere selettivamente le cellule tumorali, lasciando intatte quelle sane, sfruttando la capacità replicativa del virus per propagarsi all’interno del tumore.
Nel caso del retinoblastoma pediatrico, un tumore raro della retina che colpisce principalmente i bambini nei primi anni di vita, l’uso dei virus oncolitici mira a eliminare la massa tumorale preservando il più possibile l’occhio e la vista, riducendo la necessità di interventi invasivi come l’enucleazione.
Tra le terapie più promettenti, il VCN-01, un adenovirus modificato, è in fase di studio per il trattamento del retinoblastoma avanzato negli Stati Uniti. Questo virus è progettato per replicarsi esclusivamente nelle cellule tumorali con mutazione del gene RB1, caratteristica chiave della malattia, causando la lisi del tumore.
Oligonucleotidi antisenso con peptidi per maggiore efficacia su malattie come la distrofia muscolare
Nel campo delle malattie neuromuscolari ereditarie, in particolare la distrofia muscolare di Duchenne (Dmd), una linea di ricerca molto avanzata riguarda gli oligonucleotidi antisenso (Aso) per lo skipping degli esoni mutati, ossia: molecole di RNA sintetico che permettono alla cellula di “saltare” le porzioni difettose del gene DMD durante la produzione di distrofina, generando una proteina più corta ma funzionale. Ad esempio, l’eteplirsen è un Aso che mira allo skipping dell’esone 51, già approvato per il trattamento della Dmd. Ma nuove formulazioni stanno migliorando notevolmente l’efficacia di questi approcci: i cosiddetti oligonucleotidi coniugati a peptidi (Pco) uniscono all’Aso una piccola sequenza peptidica che ne facilita l’ingresso nelle fibre muscolari.
Per la distrofia muscolare si delinea un approccio combinatorio: terapie molecolari di precisione (oligonucleotidi, terapia genica) per correggere il difetto principale, affiancate da terapie che modulano i processi secondari (infiammazione, fibrosi) – una strategia integrata che promette di cambiare il decorso di queste malattie rare invalidanti.
Ripristino dell’equilibrio immunitario (Terapie Treg) sulla mielofibrosi
Alcune malattie rare sono dovute a un deregolamento immunitario estremo, dove il sistema immunitario attacca tessuti dell’organismo o provoca infiammazioni incontrollate. In questi casi, una frontiera terapeutica particolarmente intrigante è l’utilizzo delle cellule T regolatorie (Treg), i “freni” naturali del sistema immunitario, come farmaci viventi per calmare l’infiammazione e ripristinare la tolleranza immunologica. In uno studio di fase 1b su pazienti con mielofibrosi (un raro tumore mieloproliferativo) refrattaria alle terapie standard, l’infusione della terapia CK0804 come terapia aggiuntiva ha dato risultati notevoli (i dati sono stati presentati lo scorso dicembre al meeting dell’American Society of Hematology). In particolare, 6 pazienti su 9 hanno riportato oltre il 50% di miglioramento dei sintomi, indicando un potente effetto antinfiammatorio e modulante della malattia.
La possibilità di somministrare Treg allogeniche in regime ambulatoriale, senza tossicità rilevanti, e di combinarle con terapie esistenti apre la strada a nuove opzioni terapeutiche per patologie finora difficili da gestire.
Terapie cellulari per la retinite pigmentosa e per le atassie spinocerebellari
Le terapie cellulari stanno emergendo come una possibile soluzione per rallentare o arrestare la progressione di malattie neurodegenerative rare, come le atassie spinocerebellari (Sca). Queste patologie sono caratterizzate da una progressiva perdita della coordinazione motoria, spesso dovuta a mutazioni genetiche che provocano la degenerazione delle cellule del cervelletto. L’uso delle cellule staminali mesenchimali (Msc) è attualmente in fase di studio per il loro potenziale nel rilasciare fattori neuroprotettivi e antinfiammatori, che potrebbero contrastare i processi degenerativi nel cervelletto. Uno studio di fase I/IIa condotto a Taiwan ha dimostrato che l’infusione di Msc in pazienti con atassia spinocerebellare di tipo 3 è stata ben tollerata, senza eventi avversi gravi registrati durante un anno di follow-up, suggerendo un buon profilo di sicurezza.
La ricerca ha portato allo sviluppo di un approccio innovativo basato sulle cellule progenitrici retiniche allogeniche per la cura della retinite pigmentosa (RP), una malattia genetica rara che provoca la degenerazione progressiva dei fotorecettori fino alla cecità. Una delle terapie più promettenti, denominata jCell, consiste nell’iniezione intravitreale di queste cellule direttamente nell’occhio. Una volta introdotte, le cellule progenitrici retiniche rilasciano fattori capaci di nutrire e proteggere i fotorecettori residui, rallentando la loro degenerazione e potenzialmente riattivando quelli dormienti. Questo approccio rappresenta una speranza concreta per i pazienti affetti da RP, sebbene siano necessari ulteriori studi clinici per confermarne l’efficacia e l’applicabilità su larga scala.
Riutilizzo di farmaci già esistenti, grazie anche all’uso di organoidi
Anche nei disturbi neuroevolutivi rari – patologie dello sviluppo del sistema nervoso spesso di origine genetica, come la sindrome di Rett o la sindrome da carenza di CDKL5 – la ricerca sta compiendo passi da gigante, individuando molecole riposizionate con meccanismi d’azione innovativi in grado di arrestare, prevenire o invertire i processi molecolari critici. Alcuni studi sono già in fase clinica avanzata. L’uso di farmaci già noti (ma con nuove indicazioni) offre il vantaggio di tempi più rapidi verso la clinica, avendo profili di sicurezza in parte conosciuti e un risparmio economico considerevole. Un caso emblematico è la nitisinone, un inibitore enzimatico sviluppato originariamente per una tutt’altra patologia (la tirosinemia ereditaria di tipo 1): studi clinici (promossi con il contributo fondamentale di Nick Sireau, di cui abbiamo parlato sopra in relazione alle terapie a mRNA), ne hanno dimostrato una notevole efficacia nei pazienti con alcaptonuria portando all’approvazione del farmaco anche per questa malattia ultrarara.
Grazie a questi approcci, potrebbero emergere terapie per condizioni oggi senza trattamento, come alcuni disturbi dello spettro autistico di origine monogenica, forme rare di epilessia encefalopatica infantile e altre encefalopatie dello sviluppo.
Tecnologia e AI nella ricerca sulle malattie rare
Un ruolo sempre più centrale nello sviluppo di nuove terapie per le malattie rare lo giocano le nuove tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale (AI), che stanno rivoluzionando sia la ricerca che l’assistenza ai pazienti.
Un primo aspetto è la gestione e condivisione dei dati: nelle malattie rare, i pazienti sono pochi e spesso dispersi nel mondo, quindi aggregare le informazioni cliniche e genetiche è fondamentale per accelerare scoperte e trial. In ambito diagnostico, algoritmi di machine learning vengono addestrati per riconoscere schemi complessi tra sintomi, esami e varianti genetiche. Allo stesso modo, Ai avanzate analizzano i dati di sequenziamento del Dna estraendo possibili mutazioni causative e collegandole a fenotipi, aumentando il tasso di diagnosi.
Sul fronte terapeutico, l’Ai viene impiegata per lo screening virtuale di librerie chimiche alla ricerca di molecole potenzialmente efficaci. In pratica, sfruttando modelli predittivi può suggerire quale farmaco già approvato valga la pena di testare in una certa malattia rara (accelerando di fatto il repurposing), oppure progettare ex-novo nuovi composti ottimizzati per colpire un target patogenetico specifico.