C’è una strana simmetria nella storia di Vittorio Sebastiano, biologo e scienziato italiano, oggi Associate Professor al Dipartimento di Ostetricia, Ginecologia e Scienze della Riproduzione a Stanford e fondatore della spin-out Turn Biotechnologies. La sua ricerca punta a far tornare indietro le cellule nel tempo, ringiovanendole attraverso la riprogrammazione epigenetica. E ora, dopo vent’anni all’estero, lo stesso Sebastiano sta valutando un ritorno in Italia, il paese dove tutto è iniziato.
Il suo viaggio scientifico è partito dall’Università di Pavia, dove si è laureato in Biologia e ha conseguito un dottorato in Biologia Cellulare e dello Sviluppo. Fin dall’inizio, il suo interesse si è concentrato sui primi stadi dello sviluppo embrionale, cercando di comprendere i meccanismi biologici alla base della vita. Il suo percorso accademico lo ha portato al Max Planck Institute in Germania, dove ha lavorato su tecniche di riprogrammazione cellulare, tra cui il trasferimento nucleare, utilizzato nella clonazione, e infine a Stanford, dove ha creato un suo laboratorio.
Il primo a dimostrare il ringiovanimento delle cellule umane
Proprio a Stanford, nel 2014, il biologo italiano ha avuto quella che lui stesso definisce una “epifania”: la riprogrammazione cellulare poteva essere applicata non solo per riportare cellule adulte a uno stato staminale (embrionale), e permettere la generazione di cellule staminali embrionali (o addirittura di un organismo intero, come nel caso della pecora Dolly) ma anche per ringiovanirle. Questa idea ha portato lui e il suo team a un traguardo importante: sono stati i primi al mondo a dimostrare in laboratorio che le cellule umane potevano essere ringiovanite grazie a una riprogrammazione epigenetica controllata.
Come funziona la tecnica di ringiovanimento
L’invecchiamento cellulare è in gran parte legato a modificazioni epigenetiche, ossia cambiamenti nell’organizzazione del DNA che influenzano l’espressione dei geni senza alterarne la sequenza. Con il tempo, questi cambiamenti portano a un malfunzionamento cellulare: alcuni geni che dovrebbero essere attivi vengono silenziati, mentre altri indesiderati si attivano, compromettendo le funzioni della cellula.
Il biologo ha utilizzato gli mRNA per esprimere i fattori di Yamanaka, proteine speciali chiamate fattori di trascrizione, che regolano l’espressione genica e ripristinano uno stato giovanile nelle cellule (Shinya Yamanaka ha vinto il premio Nobel per medicina nel 2012 insieme a John Gurdon per aver dimostrato che era possibile trasformare cellule adulte specializzate in cellule staminali pluripotenti senza bisogno di utilizzare ovociti).
«I fattori di Yamanaka, se espressi per un periodo breve e controllato, agiscono correggendo gli errori epigenetici e riportando l’accessibilità ai geni associati a uno stato più giovanile. Questo processo, se ben calibrato, permette di ringiovanire le cellule senza alterarne l’identità». Se la riprogrammazione fosse prolungata, la cellula perderebbe la propria specializzazione e tornerebbe ad uno stato staminale, rendendola inutilizzabile per scopi terapeutici.
Ancora ignoto il meccanismo del ringiovanimento
Sebastiano ipotizza che il ringiovanimento avvenga grazie alla riprogrammazione della cromatina, la struttura che organizza il DNA all’interno del nucleo. «La mia idea è che i fattori di Yamanaka agiscano ripulendo gradualmente la cromatina». Questa teoria suggerisce che l’azione dei fattori di riprogrammazione non sia solo un riavvio casuale dell’espressione genica, ma un meccanismo più mirato di riordino della cromatina. Ma è ancora un’ipotesi da verificare con ulteriori studi.
Cellule ringiovanite di 10 anni, e rimangono giovani a lungo
Quello che è stato dimostrato sulle cellule umane in laboratorio è che ringiovaniscono di diversi anni. «Abbiamo misurato il ringiovanimento a livello di metilazione del DNA e in alcuni casi abbiamo ridato alle cellule fino a dieci anni di giovinezza», spiega Sebastiano. «E il bello è che il processo può essere ripetuto: oggi guadagni dieci anni, tra dieci anni puoi rifarlo».
La tecnologia è stata poi testata sul lungo periodo sui topi, verificando che le cellule staminali del muscolo dei topi si comportavano ancora come cellule giovani anche due mesi dopo il trattamento; «e due mesi nella vita di un topo, che ha un’aspettativa di vita di circa 24 mesi, rappresentano un periodo significativo». Sull’uomo queste sperimentazioni non sono al momento possibili, pertanto non si conosce ancora per quanto le cellule potrebbero mantenere lo stato di giovinezza.
Ringiovanire le cellule ovariche per rallentare l’invecchiamento da menopausa
Le implicazioni di questa scoperta sono enormi. Il suo laboratorio ha dimostrato il ringiovanimento in oltre 12 tipi cellulari umani, tra cui cellule della pelle, del sangue, della cartilagine, del muscolo e dell’occhio. Ma il potenziale non si ferma qui. «Ora stiamo lavorando sull’ovaio», rivela. «Se riuscissimo a ringiovanirlo, potremmo avere un impatto sistemico sulla fisiologia femminile e rallentare il processo di invecchiamento accelerato dalla menopausa».
Il ringiovanimento cellulare potrebbe avere applicazioni in numerosi campi della medicina rigenerativa, dalla cura delle malattie degenerative alla riparazione dei tessuti danneggiati. Il biologo italiano sottolinea che il processo offre un’opportunità per contrastare le malattie legate all’invecchiamento. «Se possiamo mantenere le cellule giovani più a lungo, possiamo prevenire molte delle patologie associate all’età avanzata», spiega.
Fondata una startup per il ringiovanimento cellulare in diverse aree
Sebastiano sottolinea che, sebbene i dati raccolti finora siano incoraggianti, solo ricerche più approfondite potranno chiarire appieno il meccanismo alla base di questo processo e definirne le reali applicazioni nella medicina rigenerativa. Per questo ha fondato una startup, Turn Biotechnologies, con cui mira a tradurre queste scoperte in soluzioni terapeutiche per il settore dermatologico, oftalmologico e immunologico.
«L’accademia ha tempi lunghi, la ricerca industriale permette un’accelerazione necessaria», sottolinea. «Per portare queste tecnologie ai pazienti serve un ambiente imprenditoriale capace di attrarre investimenti e sviluppare prodotti in tempi competitivi».
Un ritorno in Italia?
Dopo 20 anni di lavoro all’estero, Sebastiano sta riallacciando i rapporti con l’Italia. «Potrebbe essere un posto ideale per sviluppare questa ricerca, soprattutto per la sinergia con la dieta mediterranea e le sacche di longevità presenti nel paese», afferma. Tuttavia, resta cauto: «Rischiamo di parlare e poi di impantanarci. Vedremo».
Un futuro in cui l’invecchiamento si può controllare
La sua ricerca potrebbe riscrivere il concetto stesso di invecchiamento. «Non parliamo di immortalità», precisa. «Ma di dare più anni di vita sana. Penso alle persone fragili, escluse socialmente a causa dell’età. Se potessimo dare loro cinque, dieci, quindici anni di qualità della vita in più, avremmo già vinto la sfida».