Verso una terapia per la Sindrome di Lowe: al via lo studio clinico con piclidenoson

Verso una terapia per la Sindrome di Lowe: al via lo studio clinico con piclidenoson

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Simona Regina

Perché ne stiamo parlando
Le ricerche condotte da Antonella De Matteis al Tigem hanno permesso di identificare una molecola in grado di contrastare la disfunzione renale causata da questa malattia rara.

È in fase avanzata di sperimentazione per la psoriasi e presto sarà valutata anche in pazienti con la Sindrome di Lowe, malattia genetica rara per la quale ancora non esistono terapie. 

La molecola in questione si chiamata piclidenoson ed è sviluppata dall’azienda biotecnologica israeliana Can-Fite.

A individuarla come possibile terapia per la Sindrome di Lowe è stato il gruppo di ricerca dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli guidato da Antonella De Matteis, professoressa di Biologia cellulare all’Università Federico II di Napoli.

«Per chi, come me, ha dedicato la propria vita alla ricerca di base, esplorando con rigore i complessi meccanismi che regolano il funzionamento delle nostre cellule, è profondamente emozionante vedere anni di lavoro ‘tradotti’ in una possibile opportunità terapeutica che potrebbe migliorare la vita di bambini, ragazzi e intere famiglie che ho conosciuto da vicino e le cui difficoltà quotidiane mi sono ben note», racconta De Matteis.

«Non è affatto scontato infatti che lo studio di un processo biologico fondamentale conduca necessariamente a un’applicazione clinica, ma la nostra esperienza dimostra che è possibile. Questo risultato ribadisce, ancora una volta, quindi, l’importanza di un sostegno costante e duraturo alla ricerca di base, senza la quale simili traguardi non sarebbero raggiungibili» puntualizza De Matteis che coordina il programma di Biologia cellulare del Tigem di Pozzuoli e prima di dedicarsi alla ricerca di base ha svolto attività clinica.

Antonella De Matteis è infatti laureata in medicina, con specializzazione in medicina interna e endocrinologia, e nella sua attività in laboratorio è fortemente motivata a portare in clinica nuove opportunità per i pazienti orfani di una cura.

Ma facciamo un passo indietro e capiamo cos’è la Sindrome di Lowe.

La Sindrome di Lowe

È una malattia multisistemica che causa anomalie a carico di occhio, cervello e rene. «Per questo è detta anche oculo-cerebro-renale» precisa De Matteis. È una malattia genetica rara che colpisce prevalentemente i maschi. A scatenarla sono mutazioni del gene OCRL1. Se mutato, porta a deficit dell’enzima OCRL, che è essenziale per i processi metabolici delle cellule, alterando così il traffico cellulare.

La malattia porta a cataratta congenita, ridotta tonicità muscolare alla nascita, disabilità intellettiva, ritardo della crescita e malfunzionamento dei reni. «Si manifesta già entro il primo anno di vita. La gravità può variare da individuo a individuo, ma raramente l’aspettativa di vita supera i 40 anni». La complicanza che maggiormente può ridurre l’aspettativa di vita è l’insufficienza renale.

Dal modello di malattia all’individuazione di una molecola per contrastarla

Studiando i meccanismi alla base della malattia per capire come correggere il difetto e riuscire a ristabilire il corretto traffico cellulare, De Matteis ha individuato in piclidenoson un candidato farmaco per la Sindrome di Lowe.

Conoscendo l’azione dell’enzima OCRL, per studiare la malattia e comprenderne i meccanismi di base, De Matteis ha sviluppato dei modelli cellulari, in cui ha riprodotto il difetto per mimare la malattia, e su cui ha eseguito lo screening di tante molecole diverse.

«Siamo partiti da circa 1300 composti diversi, in cerca di quello in grado di correggere il difetto. Via via abbiamo selezionato i composti più promettenti e alla fine di questa lunga selezione, durata anni, abbiamo identificato piclidenoson. Poi, in collaborazione con il dottor Leopoldo Staiano, ne abbiamo confermato l’azione terapeutica negli studi preclinici». 

Nel modello animale, cioè, la molecola in questione ha dimostrato di ridurre significativamente la perdita di proteine con le urine. In altre parole, riesce a prevenire il progressivo deterioramento dei reni che, danneggiati, non riescono a trattenere proteine e sali minerali.

«Il traffico cellulare è fondamentale per il trasporto di sostanze attraverso i vari compartimenti delle cellule» spiega la scienziata. «Nel caso specifico delle cellule del rene, il corretto traffico cellulare è fondamentale per captare e riassorbire le proteine che altrimenti andrebbero perse. Il loro riassorbimento, cioè, si basa sul traffico cellulare. Se va in tilt, come succede con la Sindrome di Lowe, i bambini con questa sindrome non riescono a trattenere le proteine e le perdono con le urine, con gravi ripercussioni sulla crescita e sulla salute delle ossa».

È infatti l’incapacità del rene di riassorbire proteine e soluti che può evolvere verso l’insufficienza renale e che può mettere seriamente a rischio la sopravvivenza.

Studio clinico al Bambino Gesù di Roma

Ora, grazie a un accordo di collaborazione tra la Fondazione Telethon e la biotech Can-Fite prenderà il via uno studio clinico, all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, per valutarne la sicurezza e l’efficacia rispetto alla disfunzione renale. Il fatto che fosse già in fase di sperimentazione avanzata per una malattia a grande diffusione come la psoriasi, ha permesso di passare subito alla fase II, dal momento che la sicurezza del potenziale farmaco è già stata ampiamente valutata.

Lo studio clinico durerà un anno e coinvolgerà inizialmente 5 pazienti: a condurlo sarà Francesco Emma, responsabile del Dipartimento di Nefrologia e Dialisi del Bambino Gesù, all’interno del Trial Center diretto da Marina Vivarelli. Fondamentale sarà anche la collaborazione con l’Associazione Italiana Sindrome di Lowe (Aislo), che Antonella De Matteis ha contribuito a fondare, nel 2002, anche grazie alla Fondazione Telethon.

«Il ruolo dell’Associazione è prezioso per le famiglie» racconta De Matteis, ricordando quando nel 2002 Aislo ha mosso i primi passi. 

«Una mamma scrisse a Telethon pensando non ci fossero in Italia altri malati come suo figlio. E dato che l’enzima OCRL agisce su sostanze che io stavo studiando in laboratorio, la Fondazione ci mise in contatto. All’epoca, al di là della gravità della malattia, la situazione delle famiglie italiane era disastrosa, si sentivano davvero sole: in Italia non era possibile fare la diagnosi genetica della Sindrome di Lowe, non era conosciuta, non c’erano specialisti a cui rivolgersi. Allora unimmo le forze,  individuammo altre famiglie con bambini con questa sindrome e organizzammo la prima riunione.

Col tempo siamo cresciuti, siamo riusciti a fare massa critica, si è stabilito un sodalizio e siamo riusciti a convincere i genetisti a mettere a punto un test per la diagnosi genetica e la diagnosi prenatale. Ci vediamo ogni anno e, se per me conoscere uno a uno i ragazzi con la Sindrome di Lowe è una motivazione ancora più forte, per le famiglie è rassicurante sapere che gruppi di ricerca, in Italia e nel mondo, lavorano con la prospettiva di trovare una cura». 

Keypoints

  • Piclidenoson è una molecola in fase avanzata di sperimentazione per la psoriasi.

  • La molecola sarà ora testata per la Sindrome di Lowe grazie a un accordo di collaborazione tra Telethon e l’azienda biotecnologica proprietaria del farmaco.

  • La molecola è stata individuata quale potenziale terapia per la Sindrome di Lowe grazie alla ricerca di Antonella De Matteis all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli.

  • Lo studio clinico coinvolgerà 5 pazienti e sarà condotto al Bambino Gesù di Roma.

  • Fondamentale anche il ruolo di Aislo, l’Associazione Italiana Sindrome di Lowe

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