Fare visite psichiatriche in carcere con la realtà virtuale

Fare visite psichiatriche in carcere con la realtà virtuale

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Tiziana Tripepi

Perché ne stiamo parlando
Da circa un anno nella casa di reclusione di Mamone, in provincia di Nuoro, è attivo un servizio di visite psicologiche e psichiatriche con visori e realtà virtuale. È stata una startup a creare il prodotto, utilizzabile dalle Asl o da qualunque medico.

Prendete una casa di reclusione in un luogo isolato, un direttore Asl illuminato e una startup che opera nel campo della realtà virtuale. Metteteli insieme e otterrete un progetto che ha dell’incredibile: a Mamone, 60 km da Nuoro, nel nordest della Sardegna, da circa un anno i detenuti della casa circondariale si sottopongono visite psichiatriche e psicologiche a distanza, grazie a visori realtà virtuale che ricreano in tutto e per tutto le azioni all’interno dello studio medico.

La nascita del progetto

Il progetto, tuttora in fase sperimentale, nasce dall’intraprendenza di Paolo Cannas, direttore generale della Asl n.3 di Nuoro. «Avevamo l’esigenza di fornire prestazioni sanitarie nelle aree interne, dove è più difficile far arrivare medici specialisti. In particolare volevamo erogare visite psicologiche e psichiatriche, che costituiscono circa la metà delle prestazioni sanitarie richieste in carcere, ai detenuti della casa circondariale di Mamone: la soluzione poteva essere la realtà virtuale».

L’occasione nasce quando Alessandro Spano, professore ordinario di Economia aziendale presso l’università di Cagliari, conosce la startup State1, fondata da Andrea Bandera, Daniele Argiolas e Alessandro Loi (nella foto), che era andata in università per presentare State1, il primo stato virtuale al mondo. Il professore rimane colpito dal team, e lo mette in contatto con la Asl. Viene creato il bando, e State1 si aggiudica la commessa.

Medico e paziente indossano i visori e si incontrano in una stanza virtuale

Ma come avviene la visita? «Abbiamo ricreato uno studio medico virtuale», spiega Bandera, Ceo di State1. «Il medico indossa il visore, apre la sessione privata (ha un suo nome utente e una password) e il detenuto entra con il proprio visore. Ognuno dei due vede l’altro rappresentato da un avatar, che riproduce gesti, espressioni e movimenti del corpo. Pur trovandosi a decine di chilometri di distanza, hanno la sensazione di stare all’interno della medesima stanza, dove potranno muoversi, camminare, parlare e fare riabilitazione utilizzando i controller (joystick)».

Intanto nel mondo “fisico” una guardia carceraria controlla (vede ma non può sentire) quello che succede nella stanza dove il detenuto sta effettuando la visita in realtà virtuale. «Il progetto è stato chiamato dalla Asl “Progetto Metaverso”, tuttavia non è nel metaverso che si entra, ma nella cosiddetta “Extended Reality” (XR), che combina le esperienze di realtà virtuale, aumentata e mista», aggiunge Bandera.

Meno costi, più sicurezza, esperienza avvolgente

La visita è regolare e certificata, i protocolli sono molto rigidi: non deve essere registrata né intercettata, ed è blindata grazie a sistemi di cybersecurity. Può essere effettuata anche utilizzando un semplice computer (quindi senza il visore), ma in questo caso si dovrà utilizzare il mouse e la tastiera invece del joystick. «Rispetto alla televisita, in videocall, la visita in realtà virtuale è più avvolgente, dà l’idea di trovarsi in un contesto sanitario in presenza», prosegue Cannas.

«Ma ci sono altri vantaggi, primo tra tutti l’abbattimento dei costi: spostare i detenuti per portarli dai medici specialisti richiede l’impiego delle guardie carcerarie e di almeno una o due macchine. Inoltre c’è un problema di sicurezza, perché nel tragitto può succedere qualsiasi cosa». Ma qual è stata la reazione dei detenuti?

«Si sono messi a disposizione (spesso queste visite servono anche per ottenere permessi o sbloccare pratiche, ndr), e a detta degli psichiatri le visite stanno andando bene», risponde Cannas. «La prima visita è stata erogata il 21 maggio 2024, da allora ne vengono effettuate tre o quattro ogni lunedì».

Il visore può essere replicato e brandizzato

Il sistema si chiama VR Clinic ed è stato realizzato e consegnato “chiavi in mano” da State1 alla Asl 3 di Nuoro, ma può essere riprodotto e brandizzato per qualsiasi medico. Ogni medico può avere infatti il proprio gestionale, e con esso fare visite private ai pazienti. «Il costo del prodotto è di 30mila euro per la versione base (alla Asl è stato venduto al prezzo di costo), ma possono essere progettate versioni più complesse, per esempio collegando il sistema con macchinari come l’elettrocardiogramma: il paziente, con l’aiuto di un infermiere, si sottopone all’esame, e il medico può controllare i risultati in tempo reale sul suo computer senza togliere il visore», conclude Bandera.

«Abbiamo molte richieste anche al di fuori della Sardegna, ma vogliamo attendere la fine di questo periodo di sperimentazione per avere un riscontro finale. Poi lo metteremo sul mercato».

Keypoints

  • Nella casa circondariale di Mamone, a 60 km da Nuoro, da circa un anno i detenuti effettuano visite psichiatriche e psicologiche a distanza, grazie alla realtà virtuale
  • Il progetto, tuttora in fase sperimentale, è stato realizzato dalla startup State1 per conto della Asl n.3 di Nuoro.
  • La startup ha ricreato uno studio medico virtuale, nel quale medico e paziente accedono tramite visori: parlano, si muovono e fanno riabilitazione utilizzando i controller (joystick). Ognuno vede l’altro rappresentato con un avatar
  • La visita è regolare e certificata, non deve essere registrata né intercettata, ed è blindata grazie a sistemi di cybersecurity. I vantaggi sono in termini di costi e sicurezza
  • Il riscontro tra i detenuti è stato positivo, tanto che dal 21 maggio 2024 si svolgono tre o quattro visite alla settimana, ogni lunedì
  • Il sistema, che si chiama VR Clinic, è stato realizzato e consegnato “chiavi in mano” alla Asl 3 di Nuoro, ma può essere riprodotto per qualsiasi studio medico. Il suo costo è 30mila euro per la versione base

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