Ha la forma di un “Minion” (personaggio della saga animata Cattivissimo Me), con un grande occhio al centro. In basso, un piccolo sportello. All’ora prestabilita l’occhio si illumina, lo sportellino si apre e ne esce un bicchierino che contiene la pastiglia che in quel preciso momento il paziente dovrà assumere. Si chiama Bepi Dispenser ed è un dispensatore automatico di farmaci al letto del paziente. È stato ideato da Marco Scardino, genovese, responsabile di anestesia di un’importante struttura sanitaria italiana, per alleviare il problema della carenza di personale infermieristico che affligge non solo l’Italia ma tutta l’Europa.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, per ogni infermiere in Europa si superano i 12 pazienti. Conseguenze: aumento della mortalità, delle complicanze e della durata della degenza ospedaliera. Bepi Dispenser sta per terminare lo studio clinico ed è prossimo all’industrializzazione. Proprio per questo è attiva in questi giorni la campagna di equity crowdfunding sul portale Mamacrowd (obiettivo di raccolta: 800mila euro).
Dottor Scardino, cosa l’ha spinta a realizzare questo prodotto?
«La carenza di personale infermieristico, che esiste in tutti gli ospedali italiani ed europei, è un problema che ha un forte impatto sulla somministrazione delle terapie, spesso erogate in ritardo rispetto a quando dovrebbe avvenire. Il nostro dispenser, progettato per contenere fino a 60 pillole, serve a erogare “il farmaco giusto all’ora giusta”, lasciando agli infermieri il tempo di occuparsi di compiti per i quali è necessaria la presenza umana: la cura del paziente e la somministrazione del farmaco in vena. È studiato per somministrare la terapia per tutte le patologie a un paziente per una media di 6/7 giorni».
Come funziona?
«Il kit è formato dal dispenser, da un tablet che serve a programmarlo, un taglierino per tagliare i blister e una stampante. Il dispositivo è programmato o attraverso cartella elettronica o, nel caso in cui il medico scriva la terapia sulla cartella cartacea, dagli infermieri. Bepi saprà a che ora dovrà erogare le pastiglie, e identificherà il paziente attraverso il suo braccialetto elettronico, all’interno del quale è contenuto l’Rfid associato al distributore».
Nella messa a punto della vostra idea avete seguito i passaggi tipici di una startup…
«Per prima cosa abbiamo fatto una ricerca di mercato: nel mondo c’erano dispositivi simili, ma erano tutti centrati sulla terapia domiciliare. Per definire le caratteristiche del dispenser abbiamo coinvolto gli utenti, cioè gli infermieri nei diversi ospedali, per capire quali fossero le loro esigenze. Abbiamo poi presentato il progetto ai nostri più stretti collaboratori, che sono stati anche i primi finanziatori: da loro abbiamo raccolto i primi 600mila euro. Nel marzo 2023 abbiamo costituito una Srl startup innovativa».
E poi?
«Per costruire il prototipo avevamo bisogno di altri finanziamenti, che abbiamo ottenuto dal Fesr Regione Liguria, e da Invitalia con il bando Smart & Start. Altri 800mila euro li abbiamo raccolti con l’equity (non crowdfunding, ndr) e grazie alla partecipazione al programma di accelerazione “Silver Accelerator”, finanziato al 75% da CDP Venture. Ora il prototipo è pronto, dobbiamo passare all’industrializzazione. Abbiamo già tre IRCCS interessati al prodotto, e la nostra dimostrazione fatta negli Stati Uniti ha suscitato grande interesse».
A chi vi siete affidati per la costruzione del prototipo?
«Lo abbiamo realizzato con un’azienda di Mirandola (Mo), specializzata in apparecchiature medicali: quest’area, tra Mirandola e Medolla, è la Silicon Valley della sanità. Qui vengono non solo le aziende italiane ma anche le straniere per realizzare i loro macchinari. Un’altra società invece ne ha curato il design».
Perché funziona?
«Bepi ha 24 principi originali (funzioni) che altri apparecchi simili non hanno. Innanzitutto la somministrazione al bisogno: la terapia è preparata nel momento in cui deve essere somministrata, con il vantaggio che se devo cambiare farmaco non devo riformulare tutto, ma basta inibire o aggiungere una compressa e automaticamente sarà aggiunta all’ora prestabilita. Ma offre anche la possibilità di recuperare i farmaci che a fine degenza non sono stati utilizzati, perché, a differenza di altri sistemi, tiene traccia del lotto e della data di scadenza».
Chi l’ha aiutata nella sua impresa?
«Un mio collega medico. E un infermiere che per tanti anni ha lavorato con noi e ora lavora in Svizzera: la sua esperienza maturata all’estero ci ha aiutato molto. Ci sono anche due persone che si occupano a tempo pieno della società: un ingegnere biomedico e un professionista di grande esperienza sia in aziende più grandi che in startup, che è il nostro general manager».
Quando Bepi dispenser arriverà sul mercato?
«Stiamo mettendo a punto gli ultimi dettagli del prototipo, a maggio dovremmo terminare lo studio clinico, e a settembre essere sul mercato. Ai privati sarà venduto, mentre agli ospedali sarà dato in comodato d’uso: l’ospedale dovrà sostenere esclusivamente il costo del braccialetto destinato al paziente».