Payback: Barni (Confindustria Dispositivi Medici), urgente un tavolo di lavoro sul tema

Nicola Barni (Confindustria Dispositivi Medici): il MedTech in Italia ha enormi potenzialità, ma alcune misure (payback) frenano la crescita

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Simona Regina

Perché ne stiamo parlando
Sono quasi 5mila le imprese in Italia che sviluppano un mercato di oltre 18 miliardi. L’export (+3,5%) e la domanda pubblica di dispositivi medici sono in aumento (+6,7%) ma payback e il recente fondo dello 0,75% bloccano gli investimenti. Una panoramica sul settore alla luce degli ultimi dati di Confindustria Dispositivi Medici.

Cosa aspettarsi dal Medtech nel 2024? Stando alle previsioni di McKinsey il settore gode di buona salute, trainato dalla robotica e dalla Digital Health.

“Si tratta di previsioni che ancora una volta mostrano quanto vivo e reattivo sia il comparto dei dispositivi medici a livello globale”. Parola di Nicola Barni, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici.

“La pandemia – aggiunge – ha già messo in evidenza la strategica centralità del settore, la capacità di adattamento e la propensione all’innovazione, in Italia come nel resto del mondo, delle imprese che producono dispositivi medici. Con la robotica e l’AI si aprono ancor di più scenari di potenziale crescita che naturalmente portano con sé maggiore complessità e ai quali bisogna saper rispondere senza perdere di vista la priorità assoluta, ovvero la tutela della salute delle persone attraverso tecnologie per prevenzione, cura, diagnosi e riabilitazione”.

Nicola Barni, cosa può accelerare e cosa, al contrario, può frenare lo sviluppo del settore?

Il comparto, come tutti, soffre le fluttuazioni del mercato energetico e quelle delle materie prime. I conflitti e l’instabilità in alcune parti del mondo, centrali rispetto alle rotte dei traffici internazionali, sono ovviamente un tema preoccupante che può influenzare negativamente la crescita del settore. Se guardiamo all’Italia, invece, è evidente che manca ancora una politica industriale di visione per il settore che permetta alle aziende di continuare a investire in ricerca e sviluppo, che renda il Paese attrattivo sia per le spinte di investimenti stranieri sia per la nascita di imprese e startup che mettano a frutto il know-how e le competenze industriali e mediche di cui disponiamo. Ricordo, infatti, che per rispondere sempre più efficacemente alla domanda di cura dei pazienti occorre che pubblico e privato, ovvero pazienti, mondo medico-sanitario, accademico e della ricerca collaborino attivamente insieme all’industria per lo sviluppo di tecnologie innovative al servizio dei pazienti.

McKinsey prevede che nel 2024 Cina, Giappone e Stati Uniti saranno i protagonisti della crescita a breve termine del Medtech. Quale ruolo può giocare l’Italia?

L’Italia ha enormi potenzialità, ma solo se si sciolgono le criticità che oggi ostacolano il settore nel nostro Paese: il payback e il recente fondo dello 0,75%. Queste due misure, che abbiamo solo nel nostro Paese, rendono il territorio poco attrattivo e stanno bloccando gli investimenti. Occorre ricomprendere il superamento del payback, il prelievo dello 0,75% e in generale le politiche industriali in un unico grande disegno strategico che bilanci la sostenibilità economica con lo sviluppo delle imprese nel Paese. Nell’ultimo anno sono infatti calati del 30,1% gli investimenti in ricerca e sviluppo, sebbene siano presenti sul territorio 4.641 aziende e 117.607 dipendenti, oltre a una filiera della salute fatta di eccellenze sia in termini di strutture sanitarie che di professionisti altamente qualificati. Una situazione paradossale che rischia di impoverire il territorio, abbassando il livello di assistenza per i pazienti e portando all’estero molte imprese (nel 2028, 7 aziende su 10 prevedono di rivolgersi a mercati esteri) a causa di una mancanza di governance e di una politica industriale poco lungimirante.

Alla luce degli ultimi dati, quale  fotografia emerge dell’industria dei dispositivi medici in Italia?

Il settore cresce, le imprese sono quasi 5mila e sviluppano un mercato di oltre 18 miliardi che vede l’export (+3,5%) e la domanda pubblica di dispositivi medici in aumento (+6,7%) e un cospicuo numero di startup e realtà innovative (309), segno di una certa vitalità. Tuttavia, come dicevo, si tratta di una situazione che mostra delle ombre ed è importante agire prima che i danni di alcune scelte scellerate diventino irreversibili. Se guardiamo ai dati sull’impatto del payback, infatti, vediamo già i primi segnali: il 61% delle aziende ha bloccato le assunzioni, il 31% ha fatto ricorso a licenziamenti, il 61% si è astenuta dalla partecipazione alle gare pubbliche, limitando al mercato privato le soluzioni più avanzate (54%) e in previsione 7 imprese su 10 prevedono di rivolgersi nei prossimi anni a mercati esteri, condannando l’Italia a incrementare l’importazione di dispositivi medici.

Quale l’impatto del Regolamento Europeo 2017/745?

I nuovi regolamenti europei hanno l’obiettivo di aumentare ulteriormente la sicurezza dei dispositivi. E come Confindustria Dispositivi Medici li condividiamo. Tuttavia, al momento si è creato una sorta di ingorgo, nonché costi aggiuntivi per le aziende. Aderire ai nuovi regolamenti significa anche produrre nuove evidenze legate al funzionamento del dispositivo, nonché all’investimento in ricerca, a studi pre-marketing e post-marketing che in questa fase non sono così facili da attuare. Dall’altro lato, il sistema deputato a vigilare sulle nuove normative, come i nuovi organismi notificati, sono pochi rispetto alle richieste che le aziende stanno via via ponendo. Si è creato quindi un collo di bottiglia difficile da smaltire.

Intanto la domanda di tecnologie mediche cresce, anche alla luce della popolazione che invecchia, cosa fare per soddisfarla?

Stiamo attraversando un momento cruciale per i sistemi sanitari europei, e quello italiano in particolare, in cui bisogna rispondere a un fabbisogno di salute che sta cambiando profondamente, mettendo a nudo le fragilità strutturali e le contraddizioni accumulatesi nello scorso decennio. Dobbiamo cogliere questa come un’opportunità per contribuire a ridisegnare la Sanità del futuro, incentivando lo sviluppo di nuovi modelli di assistenza sanitaria, che considerino il contributo delle più moderne tecnologie e che garantiscano realmente la continuità delle cure tra ospedale, territorio e domicilio, colmando anche il divario fra le regioni e riducendo quindi le diseguaglianze nell’accesso alle cure.

Come facilitare l’accesso alle cure e ai dispositivi medici e come coniugare innovazione e sostenibilità del Sistema Sanitario?

L’innovazione del sistema e la sua sostenibilità economica sono profondamente legati. Disporre di tecnologia vuol dire fare meglio prevenzione, ridurre mortalità, invalidità, migliorare la qualità della vita, ridurre tempi di degenza e in estrema sintesi costi per il SSN. Fare prevenzione, diagnosi e cure con tecnologie di ultima generazione su tutto il territorio nazionale non è quindi solo più equo, ma è più conveniente per il Sistema Sanitario.

Quali gli asset strategici allora per una nuova governance del settore?

La nostra idea di governance per il settore dei dispositivi medici e diagnostici in vitro si articola su tre pilastri: programmazione sanitaria per patologia e non per singola prestazione, vanno eliminati o almeno rimodulati i tetti di spesa sulla base dei reali fabbisogni di salute e delle spinte tecnologiche ed è essenziale che il metodo di valutazione delle nuove tecnologie sanitarie, noto come HTA (Health Technology Assessment), assicuri un accesso rapido a tutte quelle innovazioni che abbiano ricevuto parere positivo, in modo che possano migliorare da subito la cura per i pazienti che ne avessero bisogno. Si tratta di un cambio di paradigma ormai necessario e non più rinviabile, anche per cogliere le opportunità che il PNRR ci offre. Noi siamo pronti e le nostre proposte sono sul tavolo e sono convinto che con il dialogo aperto con le istituzioni si potrà davvero costruire un Sistema più equo, efficiente e sostenibile.

Keypoints

  • Abbiamo chiesto a Nicola Barni, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, una valutazione sui punti di forza e di debolezza sul Medtech in Italia
  • In Italia sono presenti 4.641 aziende (117.607 dipendenti)
  • Il mercato, di oltre 18 miliardi, vede l’export (+3,5%) e la domanda pubblica di dispositivi medici in aumento (+6,7%)
  • Il payback e il recente fondo dello 0,75% ostacolano però lo sviluppo del settore
  • I primi segnali di queste misure che gettano ombre sul settore: il 61% delle aziende ha bloccato le assunzioni, il 31% ha fatto ricorso a licenziamenti, il 61% si è astenuta dalla partecipazione alle gare pubbliche, e 7 imprese su 10 prevedono di rivolgersi nei prossimi anni a mercati esteri, condannando l’Italia a incrementare l’importazione di dispositivi medici

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