Il professionista biotech del futuro? Starà meno in laboratorio ma saprà di dati, Ai e cybersicurezza

Il professionista biotech del futuro? Starà meno in laboratorio ma saprà di dati, Ai e cybersicurezza

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Laura Morelli

Perché ne stiamo parlando
All’evento “Biotech Future”, organizzato da Assobiotec, emergono nuove sfide e competenze digitali e trasversali per rivoluzionare il settore biotech.

Saper stare in laboratorio non basterà più. Al professionista biotech del futuro sono richieste oggi competenze che hanno sempre più a che fare con la tecnologia, i Big Data, la cybersicurezza e la bioinformatica, come emerso all’evento “Biotech Future: competenze e opportunità nel settore”, promosso da Assobiotec in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, Edra e ITTBioMed. All’incontro hanno partecipato diverse aziende, tra le quali la società editrice di questo giornale, Indicon SB, ma anche fra le altre Manpower, Alexion Pharmaceuticals, Arterra Bioscience, Bayer, P&G Pharmaceuticals, Roche Italia e Takeda Italia, che agli studenti hanno raccontato la loro visione sulle capacità richieste dal mercato oggi.

Un settore trasversale

A confermare l’importanza strategica del biotech è stato intanto, nei saluti di apertura, Angelo A. Izzo, Direttore del Dipartimento di Farmacia dell’Università Federico II. Ripercorrendo la storia del Servizio Sanitario Nazionale e il suo legame con l’equità e l’universalità, Izzo ha posto l’accento su una sfida attuale: «I farmaci biotecnologici riusciranno a garantire accesso e sostenibilità?». In un mondo in cui la produzione di farmaci è sempre più globalizzata e soggetta a incertezze geopolitiche, la ricerca biotecnologica si intreccia con temi etici, economici e politici.

La complessità del settore emerge anche dalla varietà di ambiti coinvolti: dalle terapie avanzate alla medicina rigenerativa, passando per l’agricoltura sostenibile e l’ambiente. Biotech oggi significa non solo laboratori e ricerca pura, ma anche produzione, comunicazione, regolamentazione, trasferimento tecnologico e, sempre più spesso, intelligenza artificiale.

Le professioni emergenti del biotech: numeri e tendenze

Secondo Carlo Chiattelli, di EY, che ha presentato un’analisi predittiva basata su microtrend tecnologici e dati occupazionali, il 61% delle professioni nel comparto biotech è in crescita. Al contrario, la domanda diminuirà solamente per il 22% delle professioni, mentre per il 17% resterà sostanzialmente stabile. Si tratta di una percentuale significativamente superiore rispetto alla media nazionale. In particolare, le professioni più dinamiche sono quelle altamente qualificate: ricercatori, bioinformatici, data scientist, specialisti in intelligenza artificiale applicata alla biologia, ma anche profili ibridi con competenze manageriali e digitali.

Rispetto alla rilevazione di EY per Federchimica dell’anno 2022, l’analisi settoriale indica che in tutti i tre comparti biotech considerati – agro-alimentare e zootecnico, biomedico e sanitario, e industria e ambiente – sono attesi nei prossimi anni sia un aumento della domanda di lavoro per profili specializzati che una diminuzione per le professioni a bassa qualifica, la prima come effetto dell’innovazione tecnologica, la seconda principalmente a causa dell’automazione di mansioni meno specializzate.

L’analisi ha inoltre evidenziato come la rivoluzione tecnologica già in atto impatterà in modo sempre più significativo il futuro dell’occupazione, soprattutto come acceleratore dei processi di obsolescenza delle professioni. Per tutte le professioni analizzate, infatti, lo studio segnala importanti cambiamenti negli insiemi di competenze che le caratterizzano. Questo trend è destinato a incidere in modo sensibile sulle capacità di reperimento dei profili all’interno del settore. Si stima infatti che le aziende incontreranno crescenti difficoltà di reperimento per più del 60% delle professioni biotech per cui si prevede anche una crescita della domanda di lavoro.

Non è solo la tecnica a contare. «Le competenze trasversali — le soft skills — saranno sempre più decisive», ha ricordato Luisa Cesarini di ManPower. «Serve saper stare in team, comunicare efficacemente, comprendere la complessità del proprio ruolo in un sistema interconnesso».

L’intelligenza artificiale come alleata, non nemica

Il panorama che emerge è quello di un lavoro sempre più intersettoriale e supportato da tecnologie avanzate. «Non dobbiamo temere l’automazione», ha sottolineato Chiattelli, «ma dobbiamo imparare a convivere con agenti virtuali che automatizzeranno parte dei processi, lasciando agli umani compiti ad alto valore aggiunto». Tra le competenze più richieste nei prossimi anni ci saranno infatti la ricerca, la creatività e la capacità di adattamento: elementi che l’intelligenza artificiale, almeno per ora, non può replicare.

Preparati al cambiamento

Durante l’evento, è stato ricordato come l’Italia abbia avuto un ruolo pionieristico nella formazione in biotecnologie farmaceutiche, già dagli anni ‘90, con il primo corso di laurea nato proprio a Napoli. Oggi il Dipartimento di Farmacia è coinvolto in progetti nazionali d’avanguardia come il Centro per la Terapia Genica e i Farmaci ad RNA, oltre alla recente istituzione del dottorato in RNA Therapeutics. Un esempio concreto di come il sistema universitario italiano possa essere motore di innovazione, purché riesca a formare figure professionali internazionalmente competitive ma anche radicate nel proprio territorio.

La riflessione finale dell’incontro è chiara: non basta essere competenti, bisogna essere preparati al cambiamento. Il biotech richiede menti aperte, flessibili, capaci di abbracciare la multidisciplinarietà. E in un mondo del lavoro in costante evoluzione, chi saprà interpretare le trasformazioni — anziché subirle — potrà diventare protagonista del progresso.

Keypoints

  • L’evento «Biotech Future», organizzato da Assobiotec in collaborazione con l’Università Federico II, Edra e ITTBioMed, ha messo in luce le nuove sfide del settore.

  • È emerso come il biotech richieda sempre più competenze digitali, trasversali e interdisciplinari.

  • Esperti e aziende hanno evidenziato l’impatto della globalizzazione e delle incertezze geopolitiche sulla produzione dei farmaci.

  • L’integrazione di intelligenza artificiale, Big Data e cybersecurity sta plasmando profili professionali innovativi, come bioinformatici e data scientist.

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