Stefano Denicolai (ITIR): la chiave per affrontare i cambiamenti è l’innovazione trasformativa

Stefano Denicolai (ITIR): la chiave per affrontare i cambiamenti è l’innovazione trasformativa

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Simona Regina

Perché lo abbiamo scelto
Per affrontare le sfide complesse del nostro tempo, servono competenze trasversali e bisogna saper connettere persone, idee, competenze, valori. La chiave è l’innovazione trasformativa. Stefano Denicolai è Professore di Innovation Management all’Università di Pavia e Presidente dell’Institute for Transformative Innovation Research (ITIR).

La novità è il primo ingrediente dell’innovazione. Ma non c’è innovazione senza creazione di valore: economico, sociale e ambientale. Parola di Stefano Denicolai, il nostro innovatore del mese. Professore di Innovation Management all’Università di Pavia e Presidente del nuovo Centro di Ricerca dell’Ateneo, l’Institute for Transformative Innovation Research, Denicolai racconta con entusiasmo la sfida di ITIR: dare un contributo all’ecosistema dell’innovazione italiano, partendo da una consapevolezza.
Innovazione del business, trasformazione digitale e transizione ecologica sono le direttrici del cambiamento che le aziende devono affrontare. Se queste direttrici viaggiano su binari paralleli non si va da nessuna parte.

“Le sfide collettive che dobbiamo affrontare presentano infatti un grado di complessità superiore rispetto al passato. È quindi fondamentale conoscere a fondo l’innovazione trasformativa e accelerare sulla ricerca multidisciplinare”. Perché, come puntualizza Denicolai, le sfide complesse richiedono competenze trasversali. Trasformative. E per affrontarle bisogna saper connettere persone, idee, competenze, valori.

Professore, torniamo all’innovazione.

Sì. Innovazione è anche il tentativo di dare concretezza all’assurdo, una chance all’improbabile. Qualcuno diceva che l’innovazione fatta davvero bene è indistinguibile dalla magia… sembrano frasi da Bacio Perugina, ma c’è molta concretezza.

Perché lavorare bene sull’innovazione significa essere aperti a fare qualcosa che prima non si pensava fosse possibile, essere un po’ ribelli, avere il coraggio di rompere qualche credenza consolidata. Altrimenti si rischia di perpetuare l’esistente e perdere opportunità.

Ma come si fa innovazione?

Mia mamma diceva sempre: se un lavoro non lo sai fare, meglio non farlo. E questo vale anche per l’innovazione. Un’azienda deve chiedersi se è pronta a fare innovazione – perché innovare è complicato, richiede tante risorse, implica l’apertura al fallimento… – e se non lo è, può prepararsi ad affrontare la sfida.

Come?

Iniziando un percorso di formazione per conoscere metodologie e pratiche utili. C’è molta enfasi sulle soft skills quale chiave del successo per guidare l’innovazione: quindi si sottolinea l’importanza di una cultura orientata all’innovazione, delle persone propense al rischio e alla collaborazione, di leader visionari. Ma tutto questo non deve far dimenticare che l’innovazione ha bisogno anche di pratiche tangibili.

Quali?

La tua azienda ha dei KPI (Key Performance Indicators) per misurare chi sta innovando e premiare chi ha uno spirito innovativo? Ha una metodologia per sperimentare? Ha un sistema per mappare le idee, dar loro un valore e condividerle? Ha un sistema di project review in modo da poter memorizzare e condividere gli apprendimenti a fine progetto?

Ecco, questi sono esempi di pratiche tangibili: procedure che a volte vengono osteggiate, perché c’è il mito che nelle aziende innovative si giochi a ping pong, ci si immerga in luogo creativo pieno di colori e si lavori solo quando si ha voglia. Ma non è così, perché le aziende innovative sono piene di procedure e processi che danno poca attenzione alla burocrazia fine a se stessa ma molto valore alla disciplina. Perché l’innovazione ha bisogno di metodo. E questo non è in contrasto col sostenere che persone orientate all’innovazione, leadership visionaria e team building siano fondamentali. Perché queste dimensioni intangibili non si sviluppano in aziende che seguono procedure sbagliate.

Quindi che fare per essere innovativi?

Investire in pratiche oggettive, come la metodologia agile, il project review, i KPI per l’innovazione, perché nel tempo alimentano la cultura orientata all’innovazione.

Professore, in ambito Life science, la digitalizzazione sta sempre più innovando la gestione della salute, dalla diagnosi alla terapia. Però innovazione non è (solo) sinonimo di digitalizzazione.

Esattamente. È un errore piuttosto comune. Innovazione non è solo digitalizzazione, per questo parliamo di innovazione trasformativa.

A fine 2022, all’Università di Pavia è stato fondato l’Institute for Transformative Innovation Research: una risorsa per l’ecosistema dell’innovazione, un centro in cui si fa ricerca per comprendere meglio le grandi sfide del nostro tempo e di quali strumenti dotarsi per governare al meglio il cambiamento. Chiariamo finalmente cos’è l’innovazione trasformativa e quale scintilla ha innescato la fondazione di ITIR?

ITIR nasce dalla consapevolezza, anzi dall’illuminazione che digital transformation, business transformation e transizione ecologica, questi tre grandi percorsi di cambiamento del nostro tempo, sono in realtà un unico processo di cambiamento. Noi chiamiamo innovazione trasformativa la fusione di queste tre direttrici: la rivoluzione nei modelli di business, la trasformazione digitale e il ripensamento del corporate purpose per andare verso una maggior attenzione all’intreccio virtuoso fra prosperità, sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale. Perché non c’è cambiamento a livello di business che non implichi anche cambiamenti a livello digitale ed ecologico, e viceversa. Ecco, ITIR è il nuovo centro di ricerca dell’Università di Pavia dedicato proprio all’innovazione trasformativa.

Oggi è tutto transformation: si parla di digital transformation, transformation leadership, marketing transformation… Ma cosa c’è di nuovo rispetto al passato? Le aziende si sono sempre trasformate, perché adesso c’è così tanta enfasi su questa parola, che è fin troppo abusata? Ebbene, se certi processi di cambiamento sono sempre gli stessi, oggi però viviamo un mondo diverso ed evolvere nell’economia contemporanea è diverso. Lo è perché abbiamo a che fare con sfide globali che riguardano ogni settore e ogni angolo del globo. Basti pensare all’intelligenza artificiale: non c’è settore che non ne sia influenzato. Ma anche perché i cambiamenti avanzano a una velocità pazzesca, il ritmo del cambiamento cioè sta accelerando come mai prima d’ora, trainato dagli sviluppi esponenziali delle tecnologie. All’ITIR studiamo come le aziende e gli ecosistemi affrontano e possono affrontare questi processi di cambiamento con logiche, strumenti, tecnologie e metodologie diverse dal passato, perché se cerchi di cambiare nell’economia attuale usando know-how vecchio rischi di andare a sbattere.

Questa è una sfida multidisciplinare ed è la ragione per cui ITIR è un centro multidisciplinare con 7 dipartimenti dove lavorano 76 ricercatori e ricercatrici.

Tra questi, il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, il Dipartimento di Scienze Clinico Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche e il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense.

Siamo partiti dalla mappatura delle competenze dell’ateneo, quindi dall’eccellenza del nostro ateneo. Oltre a quelli indicati, 2 dipartimenti afferiscono a ingegneria, uno a scienze politiche e uno a scienze economiche e aziendali, che è il capofila e che io coordino. Nell’ambito scienze della vita abbiamo focus sulla nutrizione, sulla medicina di precisione, sulla sostenibilità. Ma dalla salute all’agilità del business e alla transizione energetica, ci guida sempre una logica multidisciplinare.

Mettete assieme dunque competenze diverse. Ma non solo, all’Università affiancate le imprese: mi riferisco ai cosiddetti MindHub. Cosa sono?

L’università italiana può – e, nella nostra visione, deve – migliorare il dialogo con le imprese e la società in generale. Per questo abbiamo ideato i MindHub, che sono una piattaforma di collaborazione accademia-impresa. Sono osservatori piccoli ma ambiziosi, che riuniscono attorno allo stesso tavolo – ognuno su un tema specifico – ricercatori e poco più di una decina di imprese per fare networking e avviare percorsi di ricerca. Se son rose fioriranno!

Keypoints

  • Stefano Denicolai è Professore di Innovation Management all’Università di Pavia e Presidente dell’Institute for Transformative Innovation Research (ITIR)
  • L’ITIR è un centro di ricerca fondato nel 2022 e strutturato in 7 dipartimenti, tra cui il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie, il Dipartimento di Scienze Clinico Chirurgiche, Diagnostiche e Pediatriche e il Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense
  • I MindHub sono piattaforme di collaborazione università-impresa
  • Per affrontare la sfida dell’innovazione le aziende devono investire in pratiche tangibili
  • L’innovazione ha bisogno di metodo, oltre che di leader visionari e persone propense al rischio e alla collaborazione

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