Parla Genazzani, presidente SIF: «Centrale il ruolo dei pazienti nello sviluppo dei farmaci»

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Simona Regina

Perché ne stiamo parlando
Armando Genazzani ha assunto la presidenza della Società Italiana di Farmacologia (SIF) con l’obiettivo di promuovere una ricerca sempre più orientata ai bisogni dei pazienti e supportare il sistema della governance del farmaco per migliorarne l’uso e la salute pubblica.

«Promuovere una ricerca sempre più orientata ai bisogni dei pazienti e rafforzare il ruolo della farmacologia italiana nel contesto internazionale. Vogliamo far sì che i farmacologi siano protagonisti di un sistema innovativo e sostenibile, contribuendo a migliorare la ricerca di base in materia di farmaci, il loro uso e la salute pubblica».

Con queste parole Armando Genazzani ha accolto l’incarico da presidente della Società Italiana di Farmacologia (SIF). E con queste parole ricorda il ruolo del farmacologo: «dalla progettazione al mercato, dallo studio dei meccanismi d’azione e delle basi fisiopatologiche delle malattie alla struttura degli studi clinici, dai problemi economici alla farmacovigilanza: il farmacologo guarda all’intera filiera del farmaco e gioca un ruolo fondamentale sia nella ricerca di base che nella ricerca clinica».

Professore, il processo di sviluppo farmaceutico sta accelerando grazie alle nuove tecnologie e così arrivano più velocemente sul mercato nuove terapie che possono cambiare la storia di diverse malattie e quindi dei pazienti…

«Il processo di sviluppo è radicalmente cambiato, perché si è passati dallo sviluppo di farmaci per patologie ad alta prevalenza, allo sviluppo di farmaci per i bisogni insoddisfatti di una piccola porzione di pazienti. È cambiato quindi il focus e con esso è diventato fondamentale riuscire ad avere nuove terapie nel più breve tempo possibile. E di fatto le nuove tecnologie consentono di sviluppare farmaci innovativi molto più rapidamente, spesso portandoli dal bancone al paziente in 4-5 anni, tanto che lo storytelling di una volta – “ci vogliono 15 anni se non 20” – non regge più. Questa accelerazione è una grande opportunità, ma pone diverse sfide. Anche ai ricercatori di base, che devono impostare la propria ricerca con la traslazionalità in mente».

Questa velocità pone una serie di sfide. Il ruolo del farmacologo è centrale?

«Sicuramente. Il ruolo del farmacologo è centrale innanzitutto per gestire le incertezze, perché uno sviluppo più veloce comporta più incertezze. Ma anche per gestire le tecnologie, come per esempio l’intelligenza artificiale o il modeling, che consentono uno sviluppo più veloce. E ancora, per capire come rendere accessibili queste terapie, come rimborsarle, a quali pazienti, come individuare i farmaci a valore terapeutico aggiunto più elevato che meritano di essere accelerati nei processi regolatori e di accesso al mercato».

Alla luce di tutto questo, quali sono gli obiettivi del suo mandato?

«Sicuramente far sì che la SIF contribuisca a rilanciare la ricerca clinica in Italia che, causa globalizzazione, sta perdendo colpi rispetto ad altri paesi emergenti; riuscire a coinvolgere il farmacologo all’interno dei processi clinici negli ospedali, sapendo bene che ogni ospedale è organizzato diversamente e quindi il valore aggiunto del farmacologo nei diversi setting (dai test di farmacogenetica al Therapeutic drug monitoring, ecc.) potrebbe essere diverso. Altro obiettivo è formare sia i farmacologi che già siedono ai tavoli decisionali – come per esempio i comitati etici, le fasi 1, i Molecular Tumor Board (ndr organismi costituiti da diverse professionalità con il compito di valutare e interpretare l’esito delle analisi molecolari del tumore dei pazienti per raccomandare la migliore terapia personalizzata) – sia la next generation affinché sia pronta a dare una mano nei prossimi anni. In ultimo, contribuire alla ricerca di base, ambito in cui i farmacologi sono già molto competitivi. Sono convinto che il futuro della farmacologia risieda nella capacità della nuova generazione di farmacologi di innovare e contribuire con entusiasmo e competenza al progresso della scienza e della salute pubblica. E il ruolo della SIF è proprio promuovere la ricerca scientifica e la formazione, così come aiutare il sistema della governance del farmaco per migliorarne l’uso e la salute dei cittadini».

A proposito di migliorare la governance del farmaco, cosa ne pensa della riforma dell’assetto di AIFA?

«La riforma è ben collocata nel tempo: dopo 20 anni dalla nascita dell’Agenzia Italiana del Farmaco c’era bisogno di un restyling. Inoltre si innesta in un momento in cui sta aumentando la centralità dell’Europa, con il nuovo regolamento HTA, il Joint Clinical Assessment, la nuova Pharma legislation e i regolamenti appena implementati in materia di farmacovigilanza e studi clinici. Se sia la riforma giusta o no, lo vedremo nel tempo. Mi auguro e faccio gli auguri affinché questa nuova organizzazione funzioni».

Nei processi regolatori dei nuovi farmaci, qual è il ruolo di pazienti e società scientifiche?

«È indispensabile. Ma quando si entra nel decision making è doveroso distinguere molto bene i ruoli. Ci sono persone che devono prendere la decisione e ci sono persone che sono informate dei fatti e meglio informate dei fatti. Ebbene, non c’è nessuno che conosca la patologia quanto un paziente o la società scientifica di riferimento, per questo credo che il loro ruolo sia al momento sottostimato. Dovrebbero essere coinvolti significativamente di più, sin dalle prime fasi dello sviluppo preclinico. Ma deve essere chiaro che a loro non spetta la scelta di approvare o meno un farmaco. A società scientifiche e pazienti spetta il ruolo di informare su quelle che sono le reali esigenze da soddisfare. Altrimenti si rischia di sviluppare farmaci che rispondono a esigenze non prioritarie per i pazienti. Contestualmente ci sono tanti studi clinici che hanno degli outcome difficilmente interpretabili da coloro che devono prendere le decisioni. Poter avere allora un paziente che spieghi quanto quell’outcome impatti sulla sua qualità di vita e sulla sua malattia è fondamentale. L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) consulta già i pazienti per ogni procedura, ma secondo me sarebbe importante definire ancora meglio il loro coinvolgimento affinchè possano indicare le direzioni che accademia, industria e attività regolatoria devono prendere».

A proposito di accademia, lei è professore di Farmacologia all’Università di Torino. Prima ha diretto il  Dipartimento di Scienze del Farmaco all’Università del Piemonte Orientale e prima ancora ha lavorato a Oxford e Cambridge. Quali criticità riscontra nel nostro paese rispetto al mondo anglosassone nel fare ricerca?

«L’Italia ha un’ottima ricerca. Detto questo, la ricerca italiana soffre di eccessiva burocrazia. Abbiamo a che fare con procedure amministrative tali per cui ci vogliono mesi per ordinare materiali di laboratorio mentre in altri paesi basta un giorno. Anche il reclutamento è reso difficile da un sistema borbonico di concorsi, a fronte della chiamata diretta a cui si ricorre negli altri paesi. Inoltre, non dobbiamo sottovalutare il problema economico post PNRR, il sottofinanziamento che arriverà. E infine, c’è la questione della mobilità internazionale: a fronte di molte ricercatrici e ricercatori italiani che vanno all’estero, fatichiamo ad attrarre talenti stranieri. Ovviamente non è un problema che alcuni nostri talenti trovino altrove la loro gratificazione professionale, lo è il fatto che non riusciamo ad attrarne altrettanti da fuori, anche per le lungaggini burocratiche, la barriera linguistica e le complessità procedurali ad assicurare un lavoro».

Keypoints

  • Armando Genazzani è il nuovo presidente della SIF, la Società Italiana di Farmacologia
  • La farmacologia si evolve per rispondere a bisogni insoddisfatti con terapie rapide e innovative
  • Il farmacologo è centrale per gestire incertezze, tecnologie e accessibilità dei farmaci
  • Necessari rilanciare la ricerca clinica in Italia per competere globalmente
  • Pazienti e società scientifiche devono avere un ruolo attivo nei processi regolatori
  • Fondamentale la formazione di una nuova generazione di farmacologi per affrontare le sfide future

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