Li usano l’80% dei pazienti affetti da malattie rare, ma non sempre seguendo un consiglio del medico e spesso senza avere chiaro il reale contenuto, perché manca una regolamentazione chiara. Gli integratori alimentari, dai multivitaminici al magnesio, rientrano ormai nella quotidianità di tante persone, anche quelle affette da malattie rare, per una speda media annua considerando tre integratori, integralmente o parzialmente a carico del paziente, pari a circa 612 euro e con tutti i rischi che la somministrazione “fai-da-te” può portare.
Il problema, spiega a INNLIFES la Presidente UNIAMO Annalisa Scopinaro, «è che non ci sono ancora sufficienti dati per fotografare il fenomeno» nonostante negli ultimi anni il consumo di nutraceutici sia notevolmente cresciuto, «sia per la loro caratteristica di “naturalità” sia, nell’ambito delle patologie croniche, per l’inclinazione sempre maggiore dei Clinici a consigliarli non essendoci da tempo rilevanti innovazioni nelle terapie farmacologiche», aggiunge. Per questo, UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare, con il supporto tecnico di Apertamente, ha lanciato un Osservatorio permanente su Nutraceutici & Malattie Rare (NURA) e presentato i dati della prima indagine.
Quasi la metà consuma oltre quattro prodotti insieme
I risultati dell’indagine sono stati presentati da Giulio Bigagli, ceo di Apertamente, nella prima giornata della 19esima edizione del Forum Risk Management. «Dalla survey emerge che la stragrande maggioranza dei malati rari (oltre 80%) utilizza integratori alimentari, nel 40% dei casi più di quattro differenti prodotti simultaneamente. L’integratore è stato consigliato nell’80% dei casi da uno specialista e nella metà di questi il consiglio è specificato nel Piano terapeutico. Questo alto consumo ricade pesantemente sulle tasche dei pazienti: il 74,5% dei prodotti elencati, infatti, viene acquistato dal paziente a proprie spese, per una spesa media annua sui tre integratori che i rispondenti potevano specificare nell’indagine pari a circa 612 euro».
Il problema, osserva Scopinaro, è che «la maggior parte dei consumatori non si informa su aspetti cruciali come l’eventuale interazione con altri farmaci. Anche il profilo di sicurezza non è garantito, non esistendo, ad esempio, un quadro normativo strutturato o mancando la presenza di autorità di farmacovigilanza, pertanto basta avere una piccolissima parte di principio attivo per giustificare il claim e l’eventuale efficacia del prodotto. Se si guarda però al contenuto spesso molti di questi integratori non contengono abbastanza principio attivo per avere realmente degli effetti».
Gli Integratori alimentari, sotto il profilo legislativo, sono infatti oggi considerati come alimenti e regolamentati D.Lgs 169/2004 e dal Regolamento CE 1170/2009. Tali normative non entrano nel merito delle caratteristiche dei prodotti (come avviene invece per i farmaci) e quindi lasciano un vuoto normativo sugli aspetti di efficacy e di safety.
Tema costi e SSN
Tale fenomeno, ha aggiunto Scopinaro, «si accompagna a una spesa rilevante e in costante crescita per il paziente, in quanto spesso tali prodotti non sono coperti dal SSN». Tuttavia, osserva, «bisognerebbe capire l’effettiva necessità per il paziente di utilizzare quel prodotto che a quel punto non può e non deve essere a suo carico, per alcune patologie e alcuni trattamenti, il che implicherebbe un integrazione dei lea.
La metodologia
I temi sul tavolo sono parecchi e la prima survey dell’Osservatorio, lanciata nella seconda metà del 2024, ha proprio l’obiettivo di inquadrare e cominciare a quantificare l’utilizzo di integratori alimentari e l’eventuale costo sostenuto da parte di persone con malattia rara. In tre mesi l’indagine ha raccolto più di 500 risposte, a dimostrazione di quanto il tema sia sentito e impatti sulla quotidianità dei malati rari (più della metà dei rispondenti) e delle loro famiglie (1/3 delle risposte sono pervenute da genitori/tutori).