In Lombardia lo screening nutrizionale diventa obbligatorio. Ma perché altrove viene poco usato?

In Lombardia lo screening nutrizionale diventa obbligatorio. Ma perché altrove viene poco usato?

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
Identificare la malnutrizione al momento del ricovero può ridurre costi, complicanze e degenze: per SINPE uno strumento semplice per trasformare il sistema sanitario.

È un strumento semplice e ancora trascurato (dai medici e dalla politica) ma che potrebbe rendere il sistema sanitario più efficiente e sostenibile: lo screening nutrizionale è un intervento precoce che consente di identificare all’arrivo in ospedale i pazienti a rischio di malnutrizione, una condizione legata a degenze più lunghe, maggiori complicanze e costi sanitari più elevati.

«Lo screening nutrizionale», spiega la dottoressa Antonella Lezo, Presidentessa della Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo (SINPE) «è un’analisi del rischio di sviluppare una condizione clinica, la malnutrizione. Poi la valutazione nutrizionale completa consente di formulare una diagnosi e avviare una terapia, come per qualsiasi altra condizione medica».

Antonella Lezo, Presidentessa della Società Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo (SINPE)

Procedura semplice

La procedura dello screening nutrizionale richiede pochi minuti. Alcune domande su eventuale perdita di peso recente, riduzione dell’appetito e presenza di malattie acute o croniche generano uno score di rischio. Se il punteggio è elevato, il paziente viene indirizzato a una valutazione approfondita. La semplicità del metodo fa si che possa essere applicato da parte del personale infermieristico direttamente al momento del ricovero.

Il vantaggio principale sta nella tempestività. Individuare i pazienti a rischio prima che compaiano i segni clinici consente interventi mirati, con effetti positivi sugli esiti clinici e una riduzione delle riammissioni. La letteratura scientifica riporta che una nutrizione adeguata riduce le infezioni, abbrevia la degenza ospedaliera e comporta risparmi significativi per il sistema.

Il modello Lombardia

In Italia si stanno sviluppando modelli differenti. La Lombardia è, ad oggi, l’unica Regione con una normativa vincolante. Da dicembre 2024, tutte le strutture pubbliche e accreditate devono applicare lo screening nutrizionale a ogni paziente ricoverato, estendendo poi l’obbligo anche all’assistenza domiciliare.

«La delibera regionale sullo screening nutrizionale è già in vigore, ma sarà ulteriormente rafforzata da un nuovo provvedimento. Questo prevederà una riduzione del rimborso DRG nei casi in cui la documentazione dello screening non sia presente nella cartella clinica. Non conosciamo ancora la percentuale esatta della decurtazione, ma sarà significativa», spiega la dottoressa Annalisa Mascheroni, segretaria SINPE e coordinatrice della commissione tecnica Malnutrizione della Rete di nutrizione lombarda.

Annalisa Mascheroni, segretaria SINPE e coordinatrice della commissione tecnica Malnutrizione della Rete di nutrizione lombarda

La normativa impone anche l’attivazione di protocolli per la presa in carico dei pazienti a rischio e la creazione di team nutrizionali multidisciplinari nelle strutture prive di un servizio dedicato. Il team include medico, dietista, infermiere e farmacista.

In Piemonte, invece, non esiste un obbligo specifico per lo screening, ma da oltre 40 anni è attiva una rete strutturata di nutrizione clinica, supportata da una DGR del 2021 e da una legge regionale sulla nutrizione artificiale domiciliare. Il modello favorisce una presa in carico capillare, ma l’attuazione sistematica dello screening renderebbe la cura nutrizionale ancora più efficace, ammette la presidentessa della SINPE.

Gli ostacoli all’implementazione: frammentazione regionale, scarsa conoscenza, mancanza di dati dagli ospedali

I principali ostacoli all’implementazione dello screening riguardano l’eterogeneità delle politiche regionali, la scarsa consapevolezza clinica e di politiche sulla malnutrizione e la confusione tra prevenzione e trattamento nutrizionale.

«Sono due piani distinti», spiega Antonella Lezo. «La nutrizione clinica è una terapia e deve essere applicata con criteri rigorosi da personale formato». Anche i gesti più semplici non sono ancora sistematici. In molte strutture, pesare e misurare i pazienti al momento del ricovero non è prassi. «Sembra banale», dice Annalisa Mascheroni, «ma mancano bilance nei reparti. Senza peso e altezza, non possiamo calcolare l’indice di massa corporea, che è essenziale».

I dati di monitoraggio post-ricovero saranno centrali

Un’altra criticità è la tracciabilità. La malnutrizione raramente viene codificata nelle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO), rendendo difficile quantificare il problema e valutarne l’evoluzione. Una diagnosi documentata può però aumentare significativamente il rimborso economico, ove previsto, evidenziando l’interesse anche per i decisori. E infatti in Lombardia, ricorda Mascheroni, si lavora affinché «il risultato dello screening venga reso visibile obbligatoriamente sulla lettera di dimissione del paziente».

E una volta fuori dagli ospedali, il punto chiave, sostiene la segretaria SINPE, è creare continuità assistenziale che includa anche la nutrizione, con strumenti concreti per il monitoraggio post-ricovero. La raccolta sistematica dei dati di monitoraggio è fondamentale sia per garantire continuità assistenziale dopo la dimissione, ma anche per codificare la malnutrizione in modo corretto e tracciabile, quantificare l’impatto economico e clinico delle terapie nutrizionali e convincere i decisori politici ed economici dell’utilità strategica dello screening.

Un convegno SINPE riunirà politica, mondo medico e pazienti

I dati ufficiali sull’esperienza lombarda saranno disponibili entro la fine dell’anno. Intanto, il primo effetto visibile è un aumento della consapevolezza. «Non si tratta di un nuovo approccio scientifico», sostiene Lezo. «Si tratta di mettere in pratica ciò che già sappiamo. Stiamo organizzando un convegno nazionale promosso dalla nostra società scientifica, che coinvolgerà non solo professionisti della nutrizione clinica, dirigenti sanitari e rappresentanti istituzionali, ma anche i pazienti. L’obiettivo dell’iniziativa è duplice: da un lato, portare il tema della malnutrizione clinica al centro dell’agenda sanitaria, dall’altro costruire un dialogo operativo tra tutti gli attori del sistema».

«Perché», ricorda Mascheroni, «se io tratto meglio un paziente, questo sarà un paziente che costerà meno al sistema sanitario. È lì dove noi dobbiamo arrivare».

Keypoints

  • Lo screening nutrizionale individua in pochi minuti i pazienti a rischio di malnutrizione, permettendo interventi tempestivi e riducendo complicanze, degenze e riammissioni.
  • Bastano bilancia, metro e alcune domande per generare uno score di rischio. Ma in molti reparti mancano ancora strumenti essenziali per farlo.
  • La Lombardia è la prima Regione italiana con un obbligo normativo vincolante. Dal 2024, lo screening sarà requisito documentale per il rimborso DRG.
  • L’approccio integrato con medici, dietisti, infermieri e farmacisti garantisce continuità assistenziale e valorizza la nutrizione come terapia.
  • Codificare correttamente la malnutrizione nelle SDO migliora la qualità dei dati, aumenta i rimborsi e rende visibile l’impatto clinico-economico.
  • “Sappiamo cosa fare, ora dobbiamo solo farlo”: formazione, sensibilizzazione e dialogo istituzionale sono gli strumenti per un cambio di paradigma.

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