Studi di fase 1 in oncologia: il futuro è una rete nazionale

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Michela Moretti

Perché ne stiamo parlando
Gli studi di fase 1 rappresentano il primo passo nella sperimentazione clinica dei nuovi farmaci oncologici, un terreno dove l’Italia ha faticato a tenere il passo. Nella XXII Conferenza Nazionale Aiom si è discussa la proposta di un network nazionale di centri di fase 1, sostenuta da Aifa.

«Avere una macchina efficiente negli studi di fase 1 significa opportunità terapeutiche per i pazienti e un valore per il sistema scientifico e sanitario italiano», ha spiegato Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), in apertura della Conferenza annuale, che si è tenuta dal 28 febbraio al 1 marzo a Torino. «Negli ultimi anni abbiamo sviluppato una maggiore consapevolezza del valore terapeutico di questi studi, che devono essere potenziati in Italia», ha sottolineato Giuseppe Curigliano, membro del Direttivo Aiom.

Gli studi clinici di fase 1 rappresentano la prima fase della sperimentazione clinica di un nuovo farmaco o trattamento, con l’obiettivo di valutare sicurezza, tollerabilità e meccanismo d’azione in pazienti selezionati. Tradizionalmente, questi studi erano considerati esclusivamente esplorativi, ma negli ultimi anni hanno acquisito un ruolo terapeutico crescente, al punto che alcune terapie sono state approvate già dopo la fase 1.

Una Rete Nazionale per i Centri di fase 1: L’Italia si muove

Sebbene gli studi di fase 1 siano una delle poche aree della sperimentazione clinica italiana a reggere il confronto internazionale, la mancanza di una struttura organizzativa forte limita il loro potenziale; per questo un primo passo da fare è accreditare e rafforzare la qualità dei centri di fase 1. L’accreditamento di AIFA impone criteri rigorosi, tra cui la presenza di servizi diagnostici e terapeutici coordinati e la reperibilità 24/7 per i pazienti coinvolti.

La soluzione, secondo i rappresentanti AIOM, è di creare un network coordinato di centri di fase 1, sostenuto dall’AIFA. «Uno dei passi avanti più importanti è la convinzione dell’Aifa sulla necessità di un network nazionale che colleghi i centri impegnati negli studi di fase 1 – ha spiegato Perrone – Dove la macchina organizzativa è complessa, è fondamentale confrontarsi tra tutti gli attori per trovare sinergie». L’iniziativa punta a ottimizzare le risorse disponibili, migliorare la qualità della sperimentazione e garantire un accesso più rapido e omogeneo alle nuove terapie per i pazienti italiani.

Approvazioni accelerate: opportunità o rischio?

Un tema controverso riguarda il crescente numero di farmaci approvati da Fda e Ema sulla base di soli studi di fase 1. «Ciò avviene perché oggi i farmaci vengono sviluppati con una strategia più mirata, progettati ad hoc con un chiaro meccanismo d’azione in mente. Questo consente di ottenere risultati clinici più solidi già nella fase iniziale della sperimentazione». Un fenomeno positivo per l’accesso rapido ai trattamenti, ma con implicazioni complesse: «Non parlerei di approvazione ‘prematura’, perché il fattore tempo in oncologia è cruciale», ha aggiunto Massimo Di Maio, presidente eletto AIOM. «Tuttavia, il tema della sostenibilità economica resta centrale: alcuni farmaci sostituiscono trattamenti precedenti, ma altri rappresentano nuove voci di spesa».

In più, ci sono differenze nei criteri regolatori: «Fda tende a essere più rapida nell’approvare i farmaci sulla base di studi preliminari, mentre Ema mantiene un atteggiamento più prudente – ha spiegato Perrone. – La ragione di questa prudenza sta nella necessità di confrontare il nuovo farmaco con le terapie già disponibili per determinarne il valore relativo e il miglior modo di impiegarlo. Questo spesso richiede fasi successive di studio».

L’innovazione tra ricerca pubblica e investimenti privati

Un altro dato rilevante è che l’80% delle nuove molecole oncologiche in sviluppo è finanziato dall’industria farmaceutica. Questo implica la necessità di collaborazione tra aziende, università e istituzioni, ma anche di un rafforzamento della ricerca indipendente. «È fondamentale la complementarità tra sperimentazioni industriali e studi accademici – ha affermato Perrone – E dobbiamo garantire non solo lo sviluppo dei farmaci, ma anche il loro utilizzo appropriato».

I tempi per avviare gli studi di fase 1: l’Europa è in ritardo?

Il Clinical Trials Information System (Ctis), il nuovo sistema europeo per la gestione delle sperimentazioni, ha inizialmente causato ritardi, anche se ora sembra funzionare meglio. Tuttavia, l’Italia e altri Paesi UE spesso entrano nelle sperimentazioni globali in una fase successiva, quando la dose sicura è già stata determinata altrove. «Questo è un problema – ha ammesso Perrone – Se vogliamo essere protagonisti in Europa, dobbiamo avere un ruolo attivo sin dall’inizio della sperimentazione».

La XXII Conferenza Nazionale Aiom ha mostrato un’Italia che vuole recuperare terreno negli studi di fase 1, con l’obiettivo di migliorare sia la qualità della ricerca oncologica che l’accesso dei pazienti a terapie innovative. La sfida ora è trasformare le discussioni di Torino in una rete nazionale capace di competere su scala internazionale.

Keypoints

  • Gli studi di fase 1 sono il primo passo nella sperimentazione clinica oncologica e, sebbene l’Italia sia rimasta indietro, la XXII Conferenza Nazionale Aiom ha discusso la creazione di una rete nazionale per ottimizzare le risorse e migliorare l’accesso alle terapie
  • Avere una macchina efficiente negli studi di fase 1 non solo offre opportunità terapeutiche ai pazienti, ma rappresenta anche un valore per il sistema scientifico e sanitario italiano
  • Il network nazionale di centri di fase 1, promosso da Aifa, mira a garantire studi di qualità e sicurezza, con centri accreditati, reperibilità 24/7 e una migliore coordinazione tra ricerca e pratica clinica
  • Fda e Ema hanno recentemente accelerato l’approvazione di farmaci sulla base di studi di fase 1, grazie a strategie di sviluppo più mirate; tuttavia, Ema è più prudente, richiedendo dati sul valore relativo rispetto ai farmaci esistenti
  • L’80% delle nuove molecole oncologiche è finanziato dall’industria farmaceutica, rendendo cruciale il bilanciamento tra investimenti privati e ricerca indipendente per garantire l’uso appropriato dei farmaci
  • Il sistema europeo Ctis ha inizialmente rallentato l’avvio degli studi di fase 1, e l’Italia spesso entra nelle sperimentazioni in ritardo; per essere più competitiva, deve assumere un ruolo attivo fin dall’inizio dei trial

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