La neuromodulazione è da sempre al centro della sua attività di ricerca. E dal desiderio di trasferire i risultati nella pratica clinica è nata Restorative Neurotechnologies: esempio di trasferimento tecnologico che porta in clinica terapie digitali per stimolare la plasticità cerebrale.
4 trial clinici in corso, 3 milioni di investimenti raccolti, 900 pazienti trattati. Questi sono alcuni numeri che raccontano la storia della startup fondata nel 2018 da Massimiliano Oliveri, Professore Ordinario di neuroscienze cognitive e psicologia fisiologica all’Università di Palermo.
Il campo d’azione di Restorative Neurotechnologies è la neuroriabilitazione digitale attraverso l’adattamento prismatico: «è una tecnica di neuromodulazione non invasiva che stimola la plasticità cerebrale attraverso degli occhiali caratterizzati da lenti tagliate a 45 gradi. L’uso delle lenti prismatiche “mette in moto” il cervello in modo da ottenere i massimi benefici dalla riabilitazione cognitiva».
Professor Oliveri, perché ha fondato Restorative Neurotechnologies?
«Nel corso della mia attività di ricerca mi sono sempre occupato di neuromodulazione non invasiva: della possibilità, cioè, di modificare l’attività elettrica del cervello usando strumenti o protocolli non invasivi.
Per esempio ricorrendo alla cosiddetta stimolazione elettrica transcranica, che consiste nell’applicazione di elettrodi sul cranio allo scopo di cambiare l’eccitabilità del cervello e attivare alcuni circuiti per migliorare le prestazioni dei pazienti con disturbi neurologici.
Restorative è nata per caso. Lavoravo con le lenti prismatiche quando ho pensato di ruotarle in modo da deviare il campo visivo verso destra o sinistra».
Cioè?
«Le lenti prismatiche sono lenti che deviano il campo visivo, creano uno spostamento laterale del campo visivo. In altre parole, fanno vedere gli oggetti spostati rispetto alla loro reale posizione nello spazio. Tradizionalmente vengono usate in neuroriabilitazione per la riabilitazione del disturbo della negligenza spaziale che interessa i pazienti che hanno avuto un ictus cerebrale nell’emisfero cerebrale destro e ignorano la parte sinistra dello spazio.
Ruotando le lenti prismatiche, abbiamo scoperto che si innescano cambiamenti emisfero specifici, cioè a seconda di come ruoto la lente posso potenziare l’emisfero sinistro o l’emisfero destro e le funzioni a esso connesse, come per esempio il linguaggio, la percezione spaziale, ecc. Da lì l’idea di creare un dispositivo medico innovativo che combina le lenti prismatiche a esercizi cognitivi progettati per lavorare su funzioni cognitive specifiche. Abbiamo quindi messo a punto un protocollo riabilitativo con lenti prismatiche, e abbiamo digitalizzato la procedura riabilitativa sviluppando una serie di giochi progettati per stimolare l’attenzione, la memoria, o altre funzioni cognitive, sfruttando la modificazione dell’attività del cervello indotta prima attraverso l’adattamento prismatico.
Quindi, per rispondere alla domanda precedente, Restorative Neurotechnologies nasce all’interno del mio percorso di ricerca nel campo della neuromodulazione, per mettere in campo e veicolare al mercato il dispositivo alla cui idea e sviluppo avevamo lavorato con la startup Neuroteam, ora socia di Restorative».
Il dispositivo medico che avete sviluppato è certificato per la riabilitazione dopo ictus, trauma cranico e per l’ADHD: come funziona?
«Grazie a primi investimenti abbiamo sviluppato un prototipo iniziale con cui abbiamo cominciato a condurre i primi trial clinici su pazienti con ictus. Trial che hanno confermato il miglioramento delle funzioni cognitive. I risultati, incoraggianti, hanno attratto altri investitori e così abbiamo condotto altri trial su pazienti affetti da Mild Cognitive Impairment (MCI) o Disturbo Cognitivo Lieve, che presentano un significativo deficit di memoria, demenza parziale precoce, e su adolescenti con dislessia.
Di fatto il protocollo terapeutico è molto semplice. Il clinico fa indossare gli occhiali al paziente. Il paziente vede il campo visivo deviato verso destra o sinistra. La deviazione non è casuale ma dipende dalla patologia e dall’emisfero che si deve potenziare. Il paziente, indossando gli occhiali, esegue su tablet dei test per la valutazione neuropsicologica: servono a verificare il suo stato di salute cognitiva. Dopodiché toglie gli occhiali e, sempre su tablet, esegue una serie di serious game che sfruttano l’azione eccitatoria creata dagli occhiali. Il singolo protocollo dura 30 minuti e complessivamente il percorso riabilitativo si completa in 10 sessioni. A sei mesi abbiamo riscontrato che i pazienti mantengono l’effetto terapeutico. I ragazzi ancora dopo un anno».
In pratica, la riabilitazione cognitiva si basa sui serious games?
«Prima le lenti prismatiche mettono in moto il cervello, in modo da massimizzare i benefici della riabilitazione cognitiva tramite i serious games. Dopo entrano in gioco i serious games che sono esercizi cognitivi progettati per lavorare su funzioni cognitive specifiche. Si eseguono sul tablet e si adattano in automatico al livello del paziente. In altre parole, non risultano mai né troppo facili, né troppo difficili.
I serious game del nostro device MindLenses sono progettati proprio per essere eseguiti dopo il training di deviazione del campo visivo: sono costruiti per allenare i processi mentali stimolati cioè dagli occhiali prismatici. I giochi allenano a cambiare prospettiva, strategia oppure la capacità di inibizione».
Il vostro MindLenses è già utilizzato negli ospedali?
«In Italia sono circa 60 le strutture ospedaliere che usano MindLenses nei reparti di neurologia, fisiatria o neuropsichiatria infantile, dove si fa riabilitazione cognitiva. In tutte le regioni italiane: dal Policlinico Umberto I di Roma all’Ospedale Niguarda di Milano. E adesso ci prepariamo a entrare in altre regioni europee, a cominciare dalla Svezia».